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Vi spiego i sentimenti che agitano la Turchia

Durante un incontro internazionale la scorsa settimana a Vienna, un ex consulente di Erdogan ci ha spiegato cosa sta succedendo in Turchia: “II confronto non è tra politiche governative e piazza, ma tra opinione pubblica e primo ministro. La gente è soddisfatta di Erdogan premier, ma non lo vuole anche – come lui invece pretenderebbe – padre della Patria e padre di famiglia”.

Credo sia un’analisi correttissima dei sentimenti che stanno animando migliaia di giovani turchi in queste lunghe giornate della primavera turca. Erdogan, per la prima volta nella sua storia di Capo dell’esecutivo, sta dando segnali contraddittori, dimostrando di non avere egli stesso le idee chiare su come uscire dal tunnel nel quale si e’ infilato.

E non posso dargli torto. Il modo migliore per risorgere dal cortocircuito con la sua gente è infatti quello più lontano dalle sue corde: dovrebbe cioè dialogare e negoziare una resa onorevole, garantendo anche un seguito democratico agli eccessi della polizia, che andrebbero stigmatizzati politicamente e fatti oggetto di un’inchiesta parlamentare e della magistratura. E non sono sicuro che basti per tornare allo status quo ante. L’impatto sul processo di integrazione europea rischia di essere grave: avevo riservatamente saputo che la Commissione Europea era intenzionata a lanciare un programma “Turchia in Europa 2023”, facendo coincidere l’accesso alla UE con il centenario della Repubblica. Dopo gli scontri di queste settimane, ho avuto da Bruxelles un riscontro assai negativo sulla possibilità di proseguire sull’allestimento di quello che mi sembrava un grande progetto, finalmente pari al protagonismo politico di cui l’Europa dovrebbe farsi carico.

Concludo con un’amara osservazione: non credo al complotto urlato da Erdogan, ma la condanna dei media e dell’opinione pubblica internazionale degli scontri di Istanbul e di Ankara sa di pregiudizio lontano un miglio! Leggetevi soprattutto le “spataffiate” di certi intellettuali francesi, disinformati e ancorati ad un’idea ottocentesca del paese, e capirete almeno in parte la difesa pseudonazionalista di Erdogan, che pero’ deve riflettere attentamente, perché dal modo in cui risolverà questa crisi dipenderà il giudizio che la storia darà dei suoi 10 anni di governo.

Giuseppe Scognamiglio è editore di East


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