Un minor coinvolgimento dei cittadini nelle crisi bancarie dell’eurozona e un probabile abbassamento dello spread, grazie ad una rinnovata fiducia dei mercati dopo il panico che si era diffuso per la crisi bancaria cipriota. Questi gli effetti dell’accordo raggiunto stanotte dall’Ecofin sul fallimento ordinato delle banche secondo l’economista Giovanni Ferri, docente di economia politica all’Università Lumsa.
La direzione giusta
“Stiamo andando nella direzione giusta”, spiega. Il compromesso per la gestione del fallimento bancario deciso stanotte prevede che il bail-in dovrà coprire l’8% delle passività della banca in crisi, in generale più che sufficiente per risolvere le crisi. Ciò avverrà secondo una gerarchia: prima gli azionisti, se non bastano a coprire la somma si allarga ai titolari di bond (prima quelli meno garantiti, poi anche i “senior”) e, da ultimo, ai correntisti sopra i 100.000 euro (quelli al di sotto sono comunque garantiti dalle norme Ue). Solo dopo aver esaurito questo 8%, si apre lo spazio per la flessibilità, che invece tedeschi e olandesi avrebbero voluto evitare del tutto. Superata quella soglia, in effetti, gli stati membri potranno decidere di escludere alcuni asset o creditori. Vi è tuttavia un limite preciso: lo Stato dovrà richiedere l’autorizzazione di Bruxelles, e comunque non dovrà essere interessato più del 5% delle passività.
Spezzato il circolo vizioso Stato-banche
“La dimensione della crisi in alcuni Stati per i rischi sovrani e per la recessione prolungata è tale che questo provvedimento potrebbe non bastare, ma è una buona decisione – prosegue Ferri -. Mentre nella fase iniziale della crisi, nel 2007-2008 ad essere in difficoltà erano le banche che venivano poi salvate dagli Stati, nell’ultimo periodo è successo il contrario: sono stati gli istituti di credito alle strette a causa della crisi del debito sovrano. Il caso del sistema bancario italiano è emblematico, con gli istituti costretti a svalutare gli investimenti in titoli di Stato e, con l’avvitarsi della crisi, a dover far fronte a sofferenze diffuse”.
L’abbassamento dello spread
Con questo meccanismo “l’eurozona riuscirà ad esplicitare un coinvolgimento dei Paesi più forti verso quelli più deboli, con un probabile abbassamento dello spread e del rischio che un singolo Stato venga lasciato da solo di fronte ad una crisi bancaria. E se un meccanismo simile fosse esistito al tempo della crisi bancaria cipriota, la gestione della crisi avrebbe potuto essere diversa. Sarebbe stato un altro paio di maniche”, osserva. I Paesi ora nell’occhio del ciclone? “Sicuramente Cipro e Spagna. Se si riduce l’instabilità del debito italiano, a quel punto dovrebbe riscendere anche lo spread“.
L’Unione bancaria
L’Unione bancaria, secondo l’economista, “è il presupposto perché si elimini il circolo vizioso tra debito sovrano e crisi bancarie, amplificatore della seconda fase della crisi”. Il giudizio di Ferri è positivo, “forse non è abbastanza – sottolinea -, ma il meccanismo di risoluzione completa gli interventi previsti dall’Unione. Il rischio, in alternativa, sarebbe stato quello di ricadere, specialmente in presenza di gruppi transfrontalieri, in un fiscal transfer con un conseguente problema di democrazia. Il meccanismo di risoluzione avviato rende quindi l’Unione bancaria più sostenibile rispetto a quanto lo fosse ieri sera”, conclude.