C’è chi alza i prezzi per posizionarsi ancora più in alto nella scala del lusso e chi lo fa per colpa dello yen. È il caso di Puma che ha deciso di aumentare i prezzi sull’etichetta dei suoi prodotti, ma solo in Giappone, nel tentativo di compensare gli effetti di un indebolimento dello yen sui suoi profitti.
Il brand di abbigliamento sportivo tedesco nell’orbita di Kering non è il primo ad adottare questa tattica. Come Puma altre label negli ultimi mesi hanno dovuto fronteggiare il gap dell’aumento dell’euro che si è rafforzato di circa il 14 per cento rispetto allo yen, in conseguenza della politica monetaria espansiva della banca centrale giapponese.
Prima di Puma, anche Tiffany e Volkswagen hanno gonfiato i loro scontrini. E, giusto la settimana scorsa, gli aficionados nipponici, al momento di pagare il loro nuovo i Pad, hanno avuto una bella sorpresa in cassa, perché Apple Inc ha aumentato il prezzo del suo tablet.
Puma, che il mese scorso ha previsto risultati poco brillanti nel 2013 (vedi articolo del 29 aprile) a causa dei deboli risultati del primo trimestre in Europa e in Giappone, non ha avuto molta scelta, considerato anche che, dopo gli Stati Uniti, il Giappone è il più grande mercato per il brand sportivo.
Lo scorso febbraio, Ppr-Kering, cui fa capo Puma, ha presentato i conti, mostrando qualche segno di rallentamento dovuto proprio alla flessione della divisione sport & lifestyle. Puma, infatti, nel primo trimestre ha subito un calo delle vendite del 4,8% a 781,6 milioni, che ha determinato una flessione del 4,9% dell’intera divisione sport del gruppo, ferma a 842 milioni di euro.