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F-35, l’industria e il lavoro che Sel e M5S snobbano

I caccia entrano in Parlamento, in teoria. Inizia infatti oggi alla Camera la discussione sulla mozione che chiede di bloccare la partecipazione italiana al programma per l’acquisto e la realizzazione dei cacciabombardieri F-35, prodotti dall’americana Lockheed Martin con la partecipazione anche di Alenia-Finmeccanica e altre aziende italiane (da Aerea a Vitrociset).

“I mal di pancia interni al Pd – il partito che sembrerebbe più diviso sul tema – non mancano, e vanno molto aldilà dei quindici firmatari della mozione”, ha affermato Giorgio Zanin, tra i firmatari della mozione sottoscritta da circa 160 parlamentari dei gruppi Sel, Pd e M5S per abbandonare il progetto F-35.

L’inconsapevolezza di parte della politica

“Non so che esito avrà l’iniziativa in corso, ma considero concettualmente sorprendente l’inconsapevolezza di alcuni esponenti politici sull’importanza industriale ed occupazionale del programma F-35”, spiega in una conversazione con Formiche.net il Generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e ora Vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali.

La partecipazione italiana alla produzione

Da sottolineare sono anche i risvolti occupazionali. “L’industria italiana – prosegue Camporini – sta acquisendo contratti per centinaia di milioni per la produzione in Italia di componenti di velivoli per tutti gli aerei acquistati nel resto del mondo, quindi circa 3000 caccia”. Lockheed sta sviluppando tre modelli di F-35 per la Difesa Usa e per otto Paesi che stanno contribuendo a finanziare i lavori: Regno Unito, Australia, Canada, Norvegia, Italia, Turchia, Danimarca e Olanda. Questi Stati dovrebbero quindi sostituire oltre dodici modelli di caccia oggi in uso e lo stabilimento italiano che sfornerà gli F-35 infatti è quasi pronto. I cacciabombardieri inizieranno a essere assemblati a Cameri, vicino Novara, dal prossimo 18 luglio.

L’aspetto tecnico

Ma le critiche al programma divampano. Oltre a riguardare i costi, si concentrano anche sulle problematiche tecniche che sono state sottolineate anche da rapporti del Pentagono e del Dipartimento della Difesa inglese. “Si tratta di letture strumentali delle documentazioni tecniche redatte per ottimizzare le capacità del velivolo – commenta Camporini -. Chi collauda il caccia identifica le manchevolezze per far sì che il Joint Strike Fighter ne sia privo. Per l’Eurofighter Typhoon (prodotto dal consorzio costituito dalla franco-tedesca Eads, dall’italiana Finmeccanica e dalla britannica Bae Systems), il primo memorandum è stato presentato nel 1982, ma il caccia è entrato in servizio in Italia solo nel 2005. Servono anni per disegnare prototipi, produrli e ottimizzarli, il percorso è fisiologico. Non vedo nessun problema tecnico insormontabile e sono certo che la macchina che entrerà in servizio avrà delle caratteristiche insuperabili. L’F-35, del resto, risponde alle esigenze operative dell’Aeronautica italiana e della futura Aeronautica europea”, conclude Camporini.

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