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Fisco, Siria, disoccupazione. Un G8 di parole

Per fortuna ci sarà il G8 di di Lough Erne nell’Irlanda del Nord, si pensava con troppo entusiasmo fino a qualche giorno fa. Si credeva a risoluzioni importanti sulla lotta all’evasione internazionale e alla disoccupazione in Europa e sulla crisi siriana. E’ stato così? Non proprio.

Un successo diplomatico? Forse, ma che si è risolto in dichiarazioni d’intenti che, d’altra parte, poteva aspettarsi chi è abituato ai vertici internazionali. Ha pesato inoltre l’assenza di Cina o Brasile, Paesi ancora esclusi dal novero delle prime otto potenze mondiali. Un’assenza ingombrante, sottolineata ancora di più dai festeggiamenti per l’avvio delle trattative per la creazione di un’area di libero scambio tra Usa ed Ue. Una mossa diretta proprio a contrastare la forza degli Emergenti, e del Dragone in primis, nel commercio internazionale.

La lotta ad evasione ed elusione

I leader del G8 hanno promesso di stroncare cavilli e sotterfugi con cui le multinazionali eludono il fisco, riuscendo spesso a pagare cifre marginali di imposte su enormi volumi d’affari. E parallelamente, gli otto grandi hanno affermato che bisogna fare piena luce su chi siano i veri proprietari di queste mega società. “Le autorità devono poter ottenere rapidamente queste informazioni”. Come? Si vedrà.

La battaglia di Cameron

Si tratta di un tema molto a cuore della presidenza britannica del G8: il governo guidato dia David Cameron, sotto pressione a causa delle strette alla spesa sociale operate, è più volte intervenuto con dichiarazioni bellicose verso le pratiche delle multinazionali che riescono a pagare “mini tasse”, o a non pagarle del tutto magari sfruttando le lacune normative su alcuni settori relativamente nuovi, come le vendite via internet. L’ultimo caso, solo in ordine di tempo, riguarda il colosso dell’hi-tech Google.

Obblighi statali e imprenditoriali

In generale i leader del G8 hanno deciso di impegnarsi in una campagna di riforme normative, intervenendo contro quelle regole che consentono alle società di “distribuire i propri utili tra paesi puntando ad eludere le tasse”. Le multinazionali, invece, dovranno “riferire alle autorità fiscali quali tasse pagano e dove”.

Lo scambio di informazioni

Il tutto va inquadrato nell’ambito dei sistemi di scambio automatico di informazioni fiscali che i leader si sono impegnati a promuovere quali standard globali, tenendo ben presente che l’atteggiamento del G8 non è ostile verso le imprese private, che anzi rappresentano “il motore della crescita – puntualizzano i leader – che riduce la povertà e crea lavoro e prosperità in tutto il mondo”. La prima parola venuta in mente al premier Enrico Letta? “Svizzera”, ha dichiarato. Peccato che la Camera bassa della Svizzera abbia bocciato oggi ad ampia maggioranza la procedura di urgenza sulla discussione volta a ratificare l’accordo fiscale con gli Stati Uniti. Bocciatura di buon auspicio?

Un ritorno concreto

“Sono temi che hanno un ritorno interno molto concreto per recuperare risorse e tasse. La pressione dell’Ocse è diventata ormai insostenibile” per i paradisi fiscali, ha detto Letta. “Importante anche il tema dell’erosione della base imponibile da parte delle multinazionali, ne ha parlato anche Obama in modo marcato, ed è questione molto sentita anche in Italia, dove la nostra volontà di attrarre multinazionali ha bisogno di regole che portino le multinazionali a pagare le tasse dove producono, e quindi anche in Italia”. Tutto vero, tutto giusto, ma il ritorno concreto che gli italiani aspettano permette di abolire l’Imu e bloccare l’aumento dell’Iva a luglio. Almeno sotto questo punto di vista, niente di tutto questo è uscito dal vertice irlandese.

La preoccupazione per la crisi siriana

Il G8 di Lough Earn si è detto estremamente “preoccupato” per la “crescente minaccia di terrorismo e estremismo” in Siria e ha auspicato che una conferenza di pace si tenga “il prima possibile” a Ginevra. Ma che significa il prima possibile nel linguaggio della diplomazia non è dato saperlo. E, se non bastasse, non c’è alcun riferimento ad Assad nel comunicato finale del summit del G8. “Rimaniamo impegnati – hanno scritto i leader – a raggiungere una soluzione politica della crisi siriana”.

Al termine del summit, i leader degli otto Paesi più industrializzati hanno evocato anche la necessità di un governo di transizione “formato nel consenso reciproco” notando che le forze militari e i servizi di sicurezza devono essere preservati o ripristinati. Ma è credibile blaterare di un governo del consenso in un Paese in piena guerra civile? E del ruolo dei big mondiali, neanche a parlarne.

l rifornimenti di armi e i contrast di Putin con l’Ue 

“Qualsiasi decisione di fornire armi all’opposizione siriana, basata su notizie non confermate di utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Damasco renderebbe ancora più instabile la situazione” in Siria, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin, confermando la sua linea di assoluta contrarietà alla consegna di armi ai ribelli anti-Assad, un passo che l’Ue ha in teoria prospettato, pur rimandando ad agosto qualsiasi decisione concreta. Perché rimandare di due mesi un vertice per lavorare alla soluzione di un’emergenza che si aggrava e per cui di giorno in giorno bisogna allungare la lista delle vittime?

Ma il bello è che Putin non ha escluso la possibilità di nuove forniture di armi al regime siriano di Bashar al-Assad: “Se saranno conclusi nuovi contratti, ci saranno altre forniture”, ha detto il presidente russo a conclusione del vertice G8 in Irlanda del Nord, sottolineando che la Russia vende armi “in base a contratti legittimi, a un legittimo governo”.

L’uso di armi chimiche e la versione Putin vs Obama

Il leader del Cremlino ha ribadito, contrariando la tesi americana, che al momento non ci sono prove dell’uso di armi chimiche da parte dell’esercito governativo siriano: “Le notizie sull’utilizzo di armi chimiche in Siria devono essere presentate al Consiglio di Sicurezza Onu e la Russia parteciperà attivamente all’analisi” di questi dati, ha detto Putin.

La lotta alla disoccupazione giovanile

“Ho colto nel presidente Usa Obama molta attenzione sulla disoccupazione giovanile”, ha detto Letta al termine del G8. ”La condivisione del presidente Obama – ha aggiunto – è per me un fatto molto importante”. Bene la solidarietà e lo spirito di collaborazione in seno al G8, ma il sostegno di Obama alla lotta alla disoccupazione in Europa a poco servirà domani al giovane senza lavoro di Roma o Parigi dal destino comune, forse, a quello di un suo coetaneo statunitense. Mai sperare di essere salvati da chi sta annegando come noi, o quasi. La prima lezione in piscina che forse al G8 si è troppo presi per ricordare.



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