Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi comparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi del gruppo Class Editori.
L’Europa dei padri fondatori era un’Europa semplice. Viveva su un ex grande paese diviso da un Muro (la Germania) e delegittimato, a causa dei crimini nazisti, a svolgere una sua politica estera e di difesa. La Germania di allora, divisa in due e con la coda tra le gambe, era occupata dalle potenze vincitrici (Usa, Urss, Hran Bretagna e Francia). Dentro il Mec, la leadership veniva svolta dalla Francia. E la Germania la ringraziava per non doversi esporre in prima persona sulla scena internazionale. Poi entrò la Gran Bretagna, di malavoglia e per puro interesse (nel senso che, dentro il Mec, alle sue condizioni, essa stava meglio che fuori). Ma, fin dall’inizio, fu chiaro che la Gran Bretagna sarebbe stata il paese che avrebbe sabotato il cammino verso il progressivo superamento dei singoli Stati.
L’Europa spinta dal motore tedesco
Successivamente è caduto il muro di Berlino. Di conseguenza, sia pure con tutte le prudenze del caso, e con le sole sue forze, la Germania unificata acquistò progressivamente autonomia. Con uno sforzo immane, Bonn digerì la Germania dell’Est, resa economicamente intisichita dal corsetto del comunismo duro e puro, che le era stato applicato per mezzo secolo. Ma, a questo punto, grazie anche alle riforme che la Germania è stata in grado di fare, prevalentemente nella seconda parte degli anni 90, è diventato sempre più chiaro a tutti che l’Europa non era più guidata da un bimotore franco-tedesco ma andava avanti sempre più con la spinta del solo motore tedesco.
Il ruolo politico tedesco nell’Ue e i fantasmi del passato
Questa evoluzione sta sempre più assumendo aspetti politici. Infatti fino a che la potenza economica della Germania veniva velata dalla leadership francese, anche il ruolo tedesco (che trascina con sé i demoni del passato) risultava attenuato. Adesso che la Francia si sta piegando sulle ginocchia, la Germania, indipendentemente dalla sua volontà e dai sui interessi, appare sempre più per ciò che essa è da tempo, cioè il paese egemone.