Oggi i riflettori sono puntati sullo scontro tra il prof. Giovanni Sartori, politologo di fama mondiale, e il Corriere della Sera.
Lo scontro nasce dal fatto che Sartori ha scritto un editoriale “contro” la Ministra Kyenge e il Corriere non lo ha pubblicato nel modo usuale, ma confinato in uno spazio del giornale. Sartori si è infuriato.
In questo spazio ho scritto più volte a difesa della Ministra Cecile Kyenge, quando diversi esponenti della Lega Nord e della destra più radicale, avevano mosso attacchi xenofobi e sessisti offendendo la dignità di una persona. L’ultimo attacco era venuto da una donna, consigliere leghista, che si era chiesta perché nessuno “stuprasse” la ministra, giusto per farle provare “che significa”.
Oggi possiamo aprire una polemica giustificata anche “contro” il professor Sartori? Penso davvero di no e per molti motivi.
Ho letto l’editoriale di Sartori e le due parti contestate e a differenza di quello che titolano alcuni giornali (per es. Libero) Sartori non ha detto “la Kyenge non parla italiano quindi non può fare il ministro” ha detto qualcosa di molto diverso e con un linguaggio pulito, che non offende la dignità della Ministra in quanto donna o “nera”. Sartori ha descritto una situazione ed espresso i suoi dubbi sulla “competenza” del Ministro in tema di “immigrazione”.
Difendere una persona dagli attacchi xenofobi e sessisti e dal pregiudizio è sempre giusto. La dingità di una persona è da difendere, ma questo non può significare silenziare le opinioni di tutti in modo indiscriminato, a prescindere dai contenuti e dal modo in cui certi dubbi vengono espressi.
Il Prof. Sartori, che stimo molto, ha detto cose che non condivido in pieno, ma non posso che difendere il suo diritto di scrivere e di criticare l’operato o le competenze di un “Ministro”, si badi bene: “Ministro”, ossia il ruolo sociale, non la persona, non la Sig.ra Kyenge, in quanto “persona”.
Sartori si è chiesto “quanto sa” la ministra di “ius soli” e “ius sanguinis”, quanto conosce di “integrazione” e di “immigrazione”. Quando scrive del “dizionarietto” è il toscano duro e crudo, come quando dà dell’asino a Grillo o parla di Berlusconi. Nel parlato toscano esistono concetti ed espressioni che possono far rabbrividire chi non “conosce” il nostro modo di fare. Avrei sicuramente evitato di scrivere in questo modo su un editoriale, perchè poi avrebbe generato fraintendimenti, ma la critica lecita a Sartori non può sfociare in un processo alle intenzioni, con accuse insensate di xenofobia, perché la storia del professore parla da sé.
L’Italia non è una società meticcia, nel senso stretto del termine perché, come spiega bene Sartori, in Italia i matrimoni misti sono una componente marginale (poi ci sarebbe da discutere molto approfonditamente, guardando ai secoli passati ma tralasciamo per il momento) mentre in Brasile si ha il melting-pot e questo per questioni storiche note. L’altro esempio che fa il prof. è sull’inegrazione delle “seconde generazioni“.
Sartori critica l’idea che a suo avviso la Kyenge avrebbe, di dare per scontato che i figli di immigrati siano perfettamente integrati e fa un esempio storico molto importante che forse i più non hanno capito:“Mai sentito parlare, signora Ministra del sultanato di Dehli che durò dal XII al XVI secolo e poi dell’impero Moghul che controllò quasi tutto il continente indiano tra il Xvi secolo e l’arrivo delle Compagnie occidentali?” con questa domanda retorica, il prof. Sartori vuol mettere in evidenza le enormi difficoltà dell’integrazione, e quindi invita a ponderare i termini. Questo consiglio si applica a tutti i politici, che invece parlano per slogan.
Dunque, le notizie vengono date sempre ad uso e consumo del giornale o dell’editore, purtroppo. Così si travisa la realtà e si offende l’intelletto di chi legge e soprattutto la storia di chi scrive. Ogni insulto o attacco alla dignità di una persona, è sempre da condannare, ma la libertà di “criticare” l’operato di una personalità pubblica non può essere messa in discussione, fino a quando questo “criticare” è educato.
La ministra Kyenge risponderà al professor Sartori con una lettera al Corriere, e questo già ci dice che la stessa ministra ha percepito le critiche nel merito e non come un attacco personale.
In precedenza, la ministra Kyenge, agli insulti, agli attacchi xenofobi e alle provocazioni (il leghista che vuole stringerle la mano) non ha mai risposto, ha seguito l’insegnamento riportato anche nella Divina Commedia: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Perché su questi attacchi non bisogna “ragionare” non c’è nulla da “argomentare”, nella provocazione c’è solo la volontà di non dialogare. E nel criticare, invece, c’è la volontà di confrontarsi per capire la posizione altrui e per migliorarsi “reciprocamente”. Sono sicuro che Sartori nella sua critica, seppur forte, aveva questa intenzione e la ministra risponderà.
Attendo la lettera con trepidazione.