Grazie all’autorizzazione di Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Sergio Soave pubblicato sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi.
Le epurazioni continue nel Movimento 5 Stelle vengono presentate come espressione di una sorta di purezza giacobina del partito-non partito, che ricorda lo slogan stalinista secondo il quale «il partito epurandosi si rafforza». L’aspetto paradossale e quindi interessante di questa specifica vicenda è che mentre i tragici precedenti storici di Stalin e Robespierre erano legati all’affermazione di ideologie molto esigenti, le epurazioni grilline nascono da una concezione della politica volutamente antiideologica, da una concezione della volontà popolare (la virtù repubblicana dei giacobini, la dialettica della storia marxista leninista dei leninisti) mediata dalla rete e di tipo «commerciale», come qualsiasi sondaggio di opinioni.
La distanza abissale tra il comportamento pratico e le sue premesse per così dire di «cultura politica», in cui il fortunato slogan egualitario «uno vale uno» viene trasformato nel sistema orwelliano secondo cui tutti sono eguali ma uno è più eguale degli altri, fa dubitare delle finalità depurative della «purga» grillina e fa pensare, invece, a una strategia particolarmente sottile, che punta deliberatamente a provocare una secessione nel gruppo parlamentare grillino del Senato. Beppe Grillo aveva preconizzato (e favorito con l’indisponibilità ad accordi con Pierluigi Bersani) la costituzione di un esecutivo di larghe intese, che però, nel suo disegno, avrebbe affrettato la dissoluzione dei due principali partiti della seconda repubblica. L’esito del voto amministrativo parziale, invece, ha riconsegnato a quei partiti, in particolare al Pd, il primato, confinandolo quasi ovunque al terzo posto.
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