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Il caso kafkiano di Hu Zhicheng

Per cinque anni a Hu Zhicheng è stato impedito di lasciare la Cina. La situazione per l’uomo d’affari statunitense di origine cinese si è sbloccata quando mancano due giorni all’incontro in California tra il presidente Barack Obama e con il suo omologo del Dragone, Xi Jinping.

La vicenda dell’esperto di convertitori catalitici iniziò nel 2008 con l’accusa di aver rubato segreti commerciali a un partner d’affari. Incarcerato, fu rilasciato due anni dopo, libero di girare per la Repubblica popolare, ma con il divieto di lasciare il Paese, nonostante le pressioni statunitensi affinché potesse ritornare a casa.

L’uomo d’affari aveva casi pendenti, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hong Lei. “Ora le restrizioni sono cadute”, ha spiegato.

Detentore di almeno 50 brevetti Hu è descritto dalla stampa statunitense come un pioniere della tecnologia per limitare le emissioni delle auto. Settore cui si dedicò dopo il rientro in Cina nel 2004. I problemi, scrive il New York Times, iniziarono quando si rifiutò di acquistare componenti di qualità inferiore da una società che vantava legami politici.

John Kamm, direttore della Dui Hua Foundation, organizzazione che si occupa dei prigionieri politici in Cina, ha detto di aver accolto con sollievo la soluzione del caso Hu, costretto in Cina senza essere incriminato. Una situazione frustrante per difensori dei diritti umani e diplomatici.

Secondo Kamm il ritorno di Hu negli Usa è un segno della volontà di Xi di risolvere alcune questioni che riguardano i diritti, in particolare quelle che coinvolgono gli Stati Uniti in un frangente in cui i due Paesi devono affrontare le divisioni sulla sicurezza informatica e il capitolo della crisi nordcoreana. In cima alla lista dei casi in sospeso c’è quello di Xue Feng, geologo sino-statunitense condannato a otto anni con l’accusa, considerata da molti falsa, di aver rubato segreti commerciali.


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