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Italia e Turchia: lasciamo il passato al fantastico mondo de l’oubli

In questi giorni in Turchia migliaia di persone manifestano contro il governo Erdogan. Le proteste si sono trasformate da manifestazioni di nicchia contro la demolizione del parco Gezi, vicino alla popolare piazza Taksim, a violenti scontri in diverse città della Turchia. Le ultime notizie riportano 3 vittime e 4100 feriti.

Anche in Italia, in questi giorni arriva l’ennesimo bollettino di una guerra che dura da anni.   3,3 milioni (3.315.580 per la precisione) i precari italiani, che guadagnano in media 836 euro netti al mese (927 euro mensili per i maschi e 759 euro per le donne). Questi dati emergono dal “Rapporto sui diritti globali 2013” edito da Ediesse e a cura di Associazione Società Informazione Onlus, promosso da Cgil. Su un totale di oltre 3 milioni 315 mila lavoratori con un contratto precario, quasi 1 milione 289 mila, non ha proseguito gli studi dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Dunque questi lavoratori con un basso livello professionale rischiano con la crisi di essere spazzati definitivamente via dal mercato del lavoro. Questa situazione, unita al 41,9% della disoccupazione giovanile rischia gravissime ripercussioni a livello sociale sia nell’oggi che nel domani.

Cosa accomuna l’Italia alla Turchia? La privazione della libertà nella speranza di guardare ad un futuro diverso, costruito da giovani leve. Nel caso della Turchia il problema riguarda l’influenza/ingerenza di un partito che vuole applicare riforme islamico/conservatrici a cui l’esercito (in precedenza al Governo) si era sempre opposto (garantendo laicità ed ordine nel Paese).  In Italia invece, il problema riguarda la persistente ingerenza di una politica out of time, che arranca, post-ponendo (da anni) bozze di  riforme che non hanno garantito le premesse iniziali. “Il passato acquisisce un’autorità solo nella misura in cui si presenta sotto forma di una tradizione”, commentava Alexandre Kojève.  Dunque le classi del passato recente non possono avere una tradizione, perché è venuta a mancare la lungimiranza, la determinazione e l’ empatia verso le classi meno abbienti. Oggi più che mai la cosa più facile “E’ sperare la cosa più difficile, a voce bassa e vergognosamente. E la cosa facile è disperare, ed è la grande tentazione “(Charles Péguy). Sarebbe bello immaginare un futuro al contrario!


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