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Jennifer Lopez e non solo. Latinoamericane amate nel mondo e odiate in patria

Nessuno è profeta in patria. Ma da quello a essere odiati perché si ha successo all’estero, ce ne passa. E’ quello succede a molte dive latinoamericane, amate dal pubblico internazionale e disprezzate nel loro Paese di origine. È il caso di Shakira e Jennifer López, due star che smuovono le masse e sono pesantemente criticate e disprezzate dai connazionali. Ma anche Belén Rodríguez e Aida Yespica, due sudamericane molto conosciute e paparazzate in Italia, che nel quartiere dove sono cresciute però possono uscire senza essere fermate neanche dal portiere del proprio palazzo. Le cause di questa antipatia sono di diversa natura, dalla volgarizzazione del loro impegno sociale, spesso usato per avere ulteriore visibilità, oblio del dovere patriottico. Anche il modo in cui parlano è motivo di disprezzo e campagne di discredito nel web e non solo.

Cominciamo da una delle più presenti nella rassegna stampa internazionale: Jlo. Jennifer Lynn López è nata nel Bronx, a New York, ma le sue radici (ben sfruttate a livello di immagine) sono a Puerto Rico. È cantante, attrice, ballerina, imprenditrice e disegnatrice di costume. Tutto e niente, visto che sa fare tanti mestieri ma in nessuno ha dimostrato vero talento, dicono i suoi detrattori. Anche se qualcosa, almeno a livello di marketing, sa farla visto che è l’artista di ascendenza latinoamericana più ricca di Hollywood. Jlo è esperta anche nell’arte di spaccare i cuori. Tra i suoi amori c’è stato un cameriere cubano (Ojani Noa), un magnate del hip hop (Sean ‘Diddy’ Combs), un ballerino (Cris Judd), un famoso attore (Ben Affleck) e un cantante di salsa. (Marc Anthony). Tre matrimoni, due compromessi rotti e tre divorzi. Ma non è l’instabilità emozionale della diva a fare scatenare l’odio dei portoricani e latinoamericani in generale. L’eccessiva attenzione a se stessa, per esempio. Il primo errore risale al 2006, quando è uscita la notizia che Jlo aveva assicurato il suo sedere per 200 milioni di dollari. Nel 2007, d’altronde, il patrimonio della cantante si è svalutato, forse a causa dell’età, è la cifra è scesa a sei milioni di dollari.

Il film su Ciudad de Juarez

Dopo è arrivato il falso impegno sociale per l’America latina. Nel 2006 Jennifer López è stata protagonista e produttrice del film “Bordertown” di Gregory Nava ispirato ai crimini di Juarez, gli orribili femminicidi. López è una giornalista d’origine ispanica, ma cresciuta negli Stati Uniti, che viene inviata dal suo giornale in una cittadina messicana per fare un’inchiesta sulle morti misteriose di molte ragazze che lavorano nelle fabbriche. La protagonista punta soltanto alla promozione e delle giovani assassinate non le importa nulla. Mentre porta avanti la ricerca però viene toccata da una storia in particolare che la coinvolge e la fa tornare a quelle che sono le sue radici umili e latinoamericane. L’immagine che rinchiude la scena è quando Jlo versa sul lavandino il prodotto con cui doveva tingersi i capelli di biondo e torna ad essere mora.

La spettacolarizzazione di un dramma

Ovviamente, nel frattempo conosce anche un affascinante Antonio Banderas (nel ruolo del direttore di un quotidiano di provincia) con cui è subito amore. Il film è stato considerato in Messico e nel resto del Centroamerica come spazzatura. Una presa in giro involontaria di un problema serissimo. Era la banalizzazione di un dramma reale, quello dei femminicidi di Juarez, che ha visto scomparire più di 5000 ragazze lavoratrici in 14 anni, seviziate, torturate, sessualmente abusate. C’è dibattito sulle cifre perché molte organizzazioni hanno confermato la scomparsa di 3010 ragazze soltanto nel 2010. Oltre a rifiutare che il film fosse stato fatto in Ciudad de Juarez, associazioni delle vittime hanno manifestato alle porte dei cinema contro questa produzione che, al posto di denunciare i crimini e chiedere giustizia, ne fa soltanto spettacolo. Una volgare telenovela firmata Jlo.

L’attacco degli animalisti

E ancora, alla cantante è rivolto l’odio dei difensori degli animali, specialmente quelli latinoamericani. Nell’autunno del 2005, Jennifer cominciò a passeggiare con pellicce vistose, che hanno provocato la furia degli animalisti.  Nei giorni precedenti alla settimana della moda di New York di quell’anno, l’associazione Peta (People for Ethical Treatment of Animals) manifestò contro la diva e i suoi gusti (di pelle animale) in moda. Così, ogni volta che la ballerina andava ad un ristorante o al teatro, si trovava i sostenitori del movimento anti-Sweetface, che è la linea di indumenti di Jlo. Esiste anche un sito, jlodown.com, in cui si invitano i lettori a mandare lettere di protesta alle aziende e marchi che usano l’immagine della diva.

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