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Kyenge, il razzismo e la soluzione Ius soli

Questo commento è stato pubblicato oggi dai quotidiani L’Arena di Verona, il Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

La vicenda è tristemente nota, perché è stata raccontata e commentata per tutta la giornata di ieri. Eppure, anche ripensando una, due, dieci volte alle parole offensive contro il ministro Cècile Kyenge pronunciate a Padova da una consigliera di quartiere della Lega – subito espulsa dalla Lega -, vien da chiedersi, ancora e sempre, come sia stato possibile. Come sia stato possibile che la signora Dolores Valandro, detta Dolly, abbia potuto domandarsi e domandare su Facebook con ben sette punti interrogativi “Ma mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato???????”, seguito da un “vergogna!”, e accompagnato dalla fotografia del ministro per l’Integrazione in persona.

D’accordo, su internet si legge e si trova di tutto, l’orripilante compreso. E l’accusata ha provato a giustificarsi, dicendo che voleva fare solo una battuta in un momento di rabbia. Certo, dal primo all’ultimo leghista è partita una valanga di richieste di scuse al ministro e, osiamo darlo per scontato, agli italiani tutti. Perché quel pensiero incommentabile, reso ancor più imbarazzante perché espresso da una donna nei confronti di un’altra donna su un tema infame come lo stupro, è un insulto che tutti dovrebbero “sentire” come rivolto a se stessi. Solo questo può aiutarci a cogliere la gravità dell’offesa, ben al di là dell’ambito politico e polemico, o dello sfogo stile voce dal sen fuggita in un’epoca che è volgare anche nel linguaggio. E perciò si rischia di scherzare col fuoco in continuazione, alimentando i pregiudizi e quella bestia chiamata razzismo che dilaga da Facebook agli stadi di calcio.

Che può fare, allora, la politica, oltre che condannare l’episodio e chiedere che venga punito? Può ricordare che in Italia vivono cinque milioni di persone come viveva Cècile Kyenge prima di diventare cittadina italiana. Può spiegare che alla lungimirante legge dello ius sanguinis, che tramanda l’italianità al di là di ogni confine, e perciò tende un ponte fra l’Italia e l’universo, bisogna aggiungere la realistica e giusta novità dello ius soli: i bambini che nascono o crescono fra noi devono poter diventare quel che sono, cioè italiani, senza aspettare il tempo eterno della burocrazia.

Bene farà l’annuncio che il governo di Letta (e di Alfano) presenterà un disegno di legge forse già domani. Reagire subito e reagire con intelligenza, ossia con la forza serena della legge, per porre fine all’inaccettabile discriminazione dei “figli di nessuno”, pur italianissimi di fatto e di sentimenti. Servono, inoltre, misure più dure per la tutela e il rispetto della persona e delle persone. Via dalla politica chi usa quell’indegno vocabolario.

f.guiglia@tiscali.it

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