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La necessità di uno “Statuto del Welfare”

In una recente intervistaManin Carabba, consigliere della Svimez e del Cnel, docente universitario, presidente onorario della Corte dei Conti dopo esserne stato presidente delle sezioni riunite, individua la necessità di creare lo Statuto del Welfare per equilibrare il rigore del bilancio e la tutela dei diritti sociali costituzionalmente garantiti. E’ una proposta chiaramente in senso riformista che a mio avviso merita un necessario approfondimento per una più ampia e aperta riflessione. Tuttavia, con la presente disamina si riportano i punti principali della autorevole e concreta proposta in tempi di scarsità di nuove strategie risolutive.

Il punto di partenza, è il grave squilibrio provocato dalle politiche di austerità con gli evidenti effetti sociali. Il principio del pareggio del bilancio – secondo Carabba – non deve in nessun caso prevalere su ogni diritto dei cittadini soprattutto di ordine sociale incidendo, in particolare, sullo stato di benessere e sui bisogni primari per il pieno sviluppo della persona umana.

E’ chiaro che in questo quadro il concetto della rimozione degli ostacoli è in perfetta antitesi con la Costituzione poiché in questa realtà i livelli essenziali delle prestazioni connesse ai diritti sociali sono decisamente compressi e, al momento, non sembra trovarsi una via d’uscita.

Ecco perché l’idea del Prof. Carabba è una strada da percorrere assolutamente in tempi rapidi affinché vi possa essere al più presto un livellamento che dia stabilità alle due esigenze di “controllo” della crisi economica e “prevenzione” della crisi sociale.

Tale Statuto, dovrebbe essere un insieme equilibrato di norme per stabilire diritti e doveri per i cittadini e per i soggetti pubblici nei campi di diretto interesse sociale (sanità, assistenza, istruzione, previdenza, tutela ambientale, edilizia popolare, ricerca scientifica e cultura) con una interpretazione elastica delle regole di quella che potrebbe essere definita Costituzione fiscale ed europea.

Molto interessante, sul punto, è l’accenno di Carabba alla Sentenza della Corte di Karlsruhe (che da martedì inizia l’esame sulla legittimità degli Omt) sulle condizioni procedurali e sostanziali: ovvero approvazione del Parlamento e rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti, a partire da quelli individuati in Italia dalle norme sul federalismo ed elencati nella seconda parte del Titolo quinto.

Egli afferma che il parlamento italiano di fatto “aggira” tale passaggio “trasformandolo” sovente in un maxi emendamento da sottoporre alla “consuetudine” del voto di fiducia. E’ del tutto evidente che occorre restituire la funzione essenziale del parlamento secondo l’autorevole professore ridotto ad un mero ruolo”notarile”.

Resta però centrale la questione della debolezza dei diritti sociali che l’azione della Germania sulla disciplina di bilancio ha alimentato con gravi conseguenze sulla spirale recessiva con una ormai insostenibile ingiustizia sociale.

In merito giova evidenziare un significativo intervento di Guido Rossi, il quale tra le altre cose afferma che : “l‘idea sbagliata e pericolosa di austerity ha condotto il nostro Paese al disastro attuale, non solo con il ricorso a tecnici di governo, ma soprattutto alla sua propagazione, la quale ha origine addirittura nostrane” . E aggiunge : “ora, tuttavia che il re è nudo, è forse tempo di comprendere che la soluzione ai nostri problemi non viene tanto dall’austerità ma da una politica di Welfare in modo tale che banche, imprese e lavoratori riprendano nella crescita le loro corrette funzioni”

Anche per queste ragioni, si rafforza l’idea di Manin Carabba con “la creazione e l’applicazione di uno Statuto del Welfare che – ristabilendo un rapporto equilibrato tra Governo e Parlamento – deve definire innanzitutto i livelli essenziali delle prestazioni connessi ai diritti sociali garantiti dalla Costituzione: compito che, stando alle norme sul federalismo è di competenza esclusiva dello Stato tenuto ad accollarsi le spese relative”.

Uno Statuto del Welfare oggi è più che mai necessario nell’ottica di una concreta strategia riformista per ri- programmare le azioni statali a tutela dei principali diritti sociali che non possono più essere compressi anche e soprattutto alla luce dell’evidente fallimento delle politiche di rigore e di austerità.


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