L’atmosfera informale dell’incontro che inizia domani tra il presidente statunitense Barack Obama e il suo omologo Xi Jinping sarà forse d’aiuto alle discussioni. Il capo di Stato Usa troverà un interlocutore meno ingessato rispetto al predecessore alla guida della Repubblica popolare, Hu Jintao.
La due giorni nella tenuta californiana di Sunnylands dell’imprenditore e filantropo Walter Annenberg sarà occasione per i leader delle prime due economie al mondo di conoscersi e stabilire “legami personali”, scrive l’Associated Press, in un momento in cui i rapporti tra i due Paesi diventano sempre più complessi.
Il Quotidiano del popolo, voce ufficiale del Partito comunista cinese, lo definisce una pietra miliare delle relazioni. L’interdipendenza tra le due potenze è diventata sempre più forte, scrive nella versione online in inglese citando l’ambasciatore Usa a Pechino, John Locke, tornare indietro è improbabile. All’incontro tra Xi e Obama darà seguito a luglio quello tra funzionari dei due Paesi con al centro le questioni economiche e la sicurezza informatica.
Il nodo dei cyberattacchi
Come ampiamente riportato dalla stampa statunitense e internazionale, il nodo della sicurezza informatica sarà in cima all’agenda dei due leader. Il tema porta con sé numerose questioni, ha spiegato Cheng Li, esperto del Brooking Institution, ai microfoni di Voice of America. Si parla di spionaggio, proprietà intellettuale, sabotaggi.
Secondo lo studioso ci si concentrerà soprattutto sulla proprietà intellettuale, perché è l’area “in cui la Cina è ancora distante dagli Usa”. Obama, ha anticipato un funzionario della Casa Bianca, metterà il capo di Stato cinese davanti alla necessità di prendersi le proprie responsabilità per gli attacchi e le intrusioni contro bersagli statunitensi che partono dalla Cina, siano o no sostenuti dallo stesso governo di Pechino.
Nei mesi scorsi rapporti sia del Pentagono sia di società private di sicurezza hanno puntato il dito contro presunti pirati informatici dietro cui ci sarebbero il governo e l’esercito cinesi. Le accuse sono però reciproche. Obama dovrà spiegare a Xi le informazioni di cui gli Usa sono in possesso sugli attacchi contro il settore privato e i costi in termini di occupazione, investimenti, competitività, scrive sempre sul Brooking Institution Kenneth G. Lieberthal.
Dovrà però fare attenzione nel calibrare le accuse. Le intrusioni per rubare segreti militari o utili alla politica non sono un’esclusiva cinese. Sarà invece importate sottolineare l’importanza della cooperazione tra i due Paesi per evitare attacchi a infrastrutture critiche. Due altre considerazioni riguardano la mancanza di consenso su cosa sia da chiamare attacco informatico, continua Lieberthal, e il primato statunitense nel settore che costringe anche la Cina a usare per i propri sistemi amministrativi e finanziari programmi made in Usa.
Le questioni economiche
Tema importante e ampio, scrive Lieberthal. La preoccupazione statunitense è in particolare sull’accesso ai mercati, oltre la già citata tutela della proprietà intellettuale. I timori della Cina riguardano invece la sicurezza degli investimenti negli Usa e le restrizioni al trasferimento di know how tecnologico verso la Repubblica popolare.
Gli Usa guardano inoltre alle linee guida sulle riforme presentata la scorsa settimana dal governo cinese e i cui contenuti dovrebbero essere al centro del terzo plenum dell’attuale comitato centrale del Pcc in autunno. La stampa internazionale si è concentrata principalmente sulle indicazioni riguardanti l’ulteriore apertura del mercato, l’adozione graduale di misure che consentano alle forze di mercato di determinare i tassi di interesse bancari e introdurre politiche per “promuovere l’effettiva entrata di capitali privati nella finanza, nell’energia, nelle ferrovie, nelle telecomunicazioni e in altri settori.
Le tensioni nella penisola coreana
Sia gli Stati Uniti sia la Cina, scrive il Financial Times, hanno interesse a contenere il crescere delle tensioni nella penisola coreana. La Repubblica popolare per motivi di confine, Washington per la presenza di 28mila soldati di stanza nelle basi del lato meridionale della penisola. Le Coree, spiega il quotidiano della City, non sono più soltanto l’ultimo avamposto della Guerra Fredda, sono diventate uno dei teatri della lotta tra le due potenze per l’influenza geopolitica.
D’altra parte è opinione comune che le minacce del regime dei Kim contro Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone siano l’alibi perfetto per giustificare la presenza militare statunitense nella regione del Pacifico. Presenza che si sta rafforzando con la nuova strategia americana che ha spostato nella regione il fulcro della propria politica estera ed economica.
Nella dirigenza cinese si fanno strada le voci di quanti ritengono gli atteggiamenti nordcoreani un rischio per gli interessi del Dragone. Allo stesso tempo Pechino continua a premere per la ripresa dei colloqui sulla denuclearizzazione, da tenersi come da tradizione nella capitale cinese
Il “pivot asiatico” statunitense
Il rinnovato interesse statunitense per l’Asia è guardato con sospetto in Cina. Pechino teme forme di contenimento alla propria influenza nella regione e guarda alle alleanze statunitensi, con Paesi coinvolti in dispute territoriali con Pechino.