Il governo indonesiano ha ordinato al colosso Freeport Indonesia il blocco della produzione in una miniera di oro e ramenella provincia di Papua. La decisione di Giacarta è stata presa nell’ambito dell’inchiesta sul crollo di una galleria sotterranea che lo scorso 14 maggio fece 28 morti a Grasberg uno dei principali siti minerari al mondo e in seguito alla morte lunedì di un autista in un secondo incidente che niente ha a che vedere con quello di due settimane fa.
Per il gigante statunitense Freeport-McMoran non si tratta del primo guaio in terra indonesiana. Nel 2011 la società si trovò a dover gestire uno sciopero di tre mesi mesi di migliaia di operai che chiedevano paghe più alte e ottennero aumenti del 37 per cento. E nei mesi successivi si susseguirono una serie di agguati e sparatorie.
L’inchiesta e il conseguente blocco della produzione dovrebbero durare tre mesi. Secondo quanto rivela il Financial Times, lo stop non si è ancora prodotto in aumento significativo del prezzo del rame, segno che le riserve globali sono ancora sufficienti. Ma tra gli analisti c’è chi ritiene che la società possa non rispettare gli ordini se il blocco dovesse protrarsi.
L’incidente nella galleria preoccupa soprattutto sindacati e ambientalisti che paventano un’accelerata dei progetti di utilizzo delle miniere sotterranee, per sostituire il principale giacimento a cielo aperto in fase di esaurimento. Nei prossimi cinque anni, scrive il quotidiano della city, la società Usa ha in programma di investire 715 milioni di dollari.
Forse non sufficienti per accaparrarsi le simpatie locali. Nel 2011 è stata il principale contribuente per l’erario indonesiano con 2,4 miliardi di dollari. Sulla società pesa tuttavia pesa la passata collaborazione con il regime di Suharto, sotto il quale ottenne le prime licenze nel 1967. Contratto firmato due anni prima del contestato voto con cui Papua, dove è forte il movimento autonomista, fu annessa all’Indonesia.