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Napolitano, Marchionne e l’euro

“La stabilità politica e istituzionale è la condizione primaria per il rilancio del Paese e per portare a termine le riforme”. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ai lavori della Conferenza dei Prefetti. “Non c’è alcuna contraddizione – ha aggiunto Napolitano – tra stabilità e riforme”.
“Il Governo operi serenamente, il Parlamento faccia costruttivamente e con lungimiranza la sua decisiva parte, le forze politiche non ricadano in meschini e convulsi calcoli di convenienze”, è il pensiero del Presidente della Repubblica esposto alla Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno. “Ne va della credibilità del nostro Paese – ha aggiunto – della politica e della democrazia in Italia”.
“Il rinnovamento istituzionale non è separabile dal rinnovamento politico. E quest’ultimo non può prescindere da un rinnovamento morale che l’estensione di questa piaga antica della corruzione nella vita politica e amministrativa impone categoricamente.

Marchionne e l’euro

A ottobre avevo scritto che forse l’euro debole avrebbe salvato l’operaio Fiat. Il crollo della domanda italiana e europea costringe le imprese a concentrarsi sulle esportazioni, per incrementare le quali servirebbe un euro debole. Se il valore di una moneta rispetto alle altre dipendesse dall’andamento dell’economia, non ci sarebbero dubbi: l’euro dovrebbe valere molto meno rispetto al dollaro e allo yen, perchè l’economia europea è da tempo più debole. Ma il valore dell’euro rispetto al dollaro e allo yen dipende anche dalle scelte di politica monetaria di Stati Uniti e Giappone, che da tempo stanno sostenendo le rispettive economie attraverso l’emissione di moneta. Dollaro e yen sono dunque tenuti artificialmente bassi ovvero l’euro vale più di quanto dovrebbe valere.
Sergio Marchionne s’è lamentato delle scelte della Bce, accusata di non tenere al minimo i tassi e di non seguire la Fed e la banca centrale giapponese, che emettono moneta in gran quantità per sostenere le rispettive economie. La Bce potrebbe fare lo stesso, se solo non fosse pesantemente condizionata dai tedeschi, che preferiscono un euro un po’ più forte e una politica monetaria meno accomodante.



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