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Obama ed Emergenti con gli occhi puntati su Bernanke

Quella del governatore della Fed, Ben Bernanke, è stata una partita impeccabile, d’accordo, ma il tempo della sostituzione in campo è arrivato. Bernanke “ha fatto un lavoro eccezionale” ed è restato al suo posto più del previsto, ha detto il presidente degli Usa, Barack Obama, in un’intervista rilasciata a Charlie Rose andata in onda ieri sera sulla Pbs. Dopo 8 anni, il nuovo corso serve anche alla Fed.

Un partner eccezionale

“Bernanke – ha spiegato il presidente – un po’ come il capo dell’Fbi, Bob Mueller, è restato al suo posto più di quanto avrebbe voluto e supposto di stare”. A chi gli chiedeva se lui intendesse riproporre Bernanke, nel caso in cui il presidente della Fed volesse ancora restar al suo posto, Obama ha evitato di rispondere in modo diretto. “E’ stato un partner eccezionale per la Casa Bianca e ha aiutato la nostra ripresa più dei nostri partner europei, consentendo all’economia di recuperare da quella che avrebbe potuto essere una crisi di proporzioni epiche”.

I nomi in lizza per la successione

I nomi dei possibili successori di Bernanke intanto cominciano a girare con insistenza e tra questi ci sono quelli di due ex segretari al Tesoro, Lawrence Summers e Timothy Geithner. In pole position anche la vice presidente della Fed, Janet Yellen.

Il termine del mandato nel gennaio 2014

Per quanto indiretto, si tratta del segnale più chiaro finora sulla possibilità di nominare un nuovo presidente della Banca centrale Usa, quando il mandato di Bernanke si concluderà nel gennaio 2014. L’attuale capo della Fed ha guidato l’istituzione fin dal 2005, poco prima che nel 2007 iniziasse a esplodere la crisi finanziaria globale di cui ancora oggi si subiscono le gravi ripercussioni, e che ebbe come epicentro iniziale proprio gli Usa con la famigerata vicenda dei mutui subprime.

Le intenzioni del governatore

Finora Bernake non ha espresso esplicitamente preferenze sul suo futuro, ma il fatto che non abbia indirettamente segnalato la volontà di assumere un terzo mandato ha lasciato ritenere, agli osservatori Usa, la sua non contrarietà a fare altro. Di recente ha rafforzato queste opinioni affermando di ritenere di non essere “l’unico al mondo in gradi di gestire l’uscita” dalle misure straordinarie anticrisi della Fed. Certo non aiuta a rasserenare gli animi il fatto che finora non vi siano chiari indicazioni sul chi potrebbe assumere la presidenza della Fed.

L’attesa della riunione della Fed di domani

Per ora i mercati restano in attesa della riunione di domani del Fomc, il comitato monetario della Fed. E quello che si teme è la stretta di Bernanke al programma di acquisto di titoli (Quantitative Easing) da 85 miliardi di dollari al mese. Ma secondo l’Economist la strategia del governatore è prevedibile: continuerà a smussare le tensioni dicendo che le mosse della Fed dipenderanno dall’andamento dell’economica nel prossimo futuro.

L’apprezzamento del dollaro

Durante il mese scorso 19 delle 24 monete di Paesi emergenti sotto la lente di Bloomberg si sono deprezzate nei confronti del dollaro. La causa scatenante di questa svendita? Dipende tutto dalle dichiarazioni di Bernanke, quando ha ventilato la possibilità di una stretta al programma di acquisto di titoli. I tassi sui titoli di Stato Usa a dieci anni sono aumentati al 2,2% dall’1,6%. E la prospettiva di un ulteriore aumento dei tassi spinge al rialzo il dollaro e contribuisce a far rientrare capitali negli Usa da aree finanziarie più rischiose. Uno su tutti, il Giappone. Il crollo monetario degli Emergenti a maggio anticipa questo trend.

Ma, il programma della Fed, se anche fosse ridimensionato, non è destinato a esaurirsi in fretta. Per avere un aumento dei tassi a breve, oggi vicini allo zero, potrebbe esserci molto da attendere ancora.

Le accuse degli Emergenti

Non molto tempo fa l’accusa alla Fed era quella di causare un apprezzamento delle monete degli Emergenti nei confronti del dollaro, a tutto svantaggio dell’export negli Usa. Ora il trend si è rovesciato, ma i risultati non saranno meno dolorosi. Prima il cruccio degli Emergenti era una moneta troppo forte rispetto al dollaro, che, d’altra parte, ha alimentato l’import. Oggi a creare il panico è il grande deflusso di capitali che tornano a casa, negli Usa. Il vicino ingombrante di cui bisogna subire urla e risate.



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