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Sarà Matteo Renzi il nuovo Bossi delle partite Iva?

Due renziani alla guida di due città roccaforte del centrodestra vogliono dire qualcosa? La sconfitta della Lega a Treviso e la vittoria di Del Bono a Brescia possono avere anche una nuova lettura: l’alleanza Pdl-Lega non ha più senso di esistere e le macerie le sta raccogliendo Matteo Renzi, sindaco di Firenze e probabile candidato alla guida del Pd, con una squadra che si rinfoltisce sempre di più.

I ballottaggi di ieri hanno abbattuto anche l’ultima roccaforte della vecchia Lega, quella di Giancarlo Gentilini. L’intervista di Bossi a Gad Lerner e il tentativo di Maroni e Tosi di liquidare il Senatur con un povero malato incapace di intendere e di volere hanno ridotto in briciole anche quel poco che era rimasto del puro sentimento leghista. Nel Pdl, dall’altra parte, senza Berlusconi, i colonnelli non sanno dove girarsi e Alfano, nonostante da buon democristiano ripudi la parola “dimissioni”, sembra non saper più che fare.

Nella giornata di ieri, oltre al dato politico, sono emersi anche altri due elementi che apparentemente non hanno nulla a che fare con la sconfitta del centrodestra: l’aumento del numero di partite Iva, soprattutto tra i giovani e il fatto che da oggi si smetterà di lavorare esclusivamente per lo Stato e si comincerà a guadagnare per sé e la per propria famiglia.

I soldi al Nord

Questi elemento fanno tornare indietro con la memoria. Erano i primi anni ’90 quando la gente del Nord est vedeva nel Carroccio l’unica risposta alla domanda di “più soldi al territorio”, “meno tasse” che servono solo a pagare i “fannulloni del Sud”, i “terun”. E le partite iva erano il simbolo di quella che doveva diventare una disobbedienza civile di massa: non pagare più le tasse per far capire al governo che il Nord è stanco di aprire il portafogli fino al 10 giugno di ogni anno. Secessione era la parola magica, federalismo la sua traduzione romana.

La devolution berlusconiana bocciata

Era questa la missione dei leghisti sbarcati per un ventennio a Montecitorio: riportare i soldi al Nord. L’alleanza con Forza Italia prima e con il Pdl poi doveva servire proprio a questo scopo: inserire nel programma il federalismo, soprattutto quello fiscale. E quasi ci sono riusciti nel 2006, quando, dopo 5 anni di legislatura berlusconian-bossiana, erano riusciti ad approvare la modifica della Costituzione, che sarebbe dovuta però essere ratificata dal popolo attraverso un referendum, quello sulla Devolution. Il 25 e il 26 giugno gli italiani lo bocciano, ma il risultato, arrivato subito dopo la vittoria di Prodi alle politiche, sembra più essere un voto politico contro Berlusconi che un NO alla Devolution. In quel momento la Lega ancora non lo sa, ma sarebbe iniziata la sua lenta discesa.

Il Carroccio senza bussola

Tutto quello che è successo dopo è stato il tentativo di recuperare ciò che si era perso con quel referendum e la distorsione più grave ha portato ai Belsito, ai diamanti, alla Tanzania e ai Trota eletti nei Consigli regionali; come se il Carroccio avesse perso la bussola, o la sua vera natura, quella che nel 2008 aveva portato il voto degli operai dell’Emilia-Romagna e di Mirafiori come alternativa al Pc.

Questione Iva

Oggi le partite Iva aumentano, ma nessuno sa dare una risposta su tasse, crescita, ripresa economica, lavoro giovanile o di quei cinquantenni che non hanno più mercato, perdono il posto e offrono la propria esperienza come consulenti.

La coerenza dei veneti

Partita Iva oggi è la parola magica per ottenere lavoro: niente tasse per il datore di lavoro, tutto a carico del lavoratore indipendente. A Treviso, dove 20 anni fa nasceva il gruppetto di disobbedienti civili, oggi ha vinto un sindaco del Pd, ma di matrice renziana. Potrebbe sembrare una contraddizione. Invece c’è una grande coerenza in questi veneti mezzi montanari, mezzi contadini, imprenditori e attori del proprio territorio, che vivono ai piedi delle Dolomiti e a cui non interessa quel è il colore.

La chance di Renzi

Sarà Renzi ad incarnare la domanda del popolo del Nord ad una maggiore equità contributiva tra Nord e Sud? In fondo, alle primarie, ha dimostrato che è proprio il Nord a credere di più in lui. Si attende ora che Fassino, Pisapia, Orsoni dicano qualcosa di nordista.

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