Il problema non è Adele Gambaro, la senatrice che ha risposto per le rime a Beppe Grillo, e che insiste a pretendere le sue scuse. Il problema non sono neppure gli scontrini e le diarie dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. Né la presunta fuga di Grillo all’estero, in Australia (per una tournée, si leggeva nelle indiscrezioni).
Il problema è la perdita generale di consenso per il Movimento e (soprattutto ) per il suo capo e padrone. Le amministrative sono state fallimentari per i candidati a 5 stelle, ma quel che più dovrebbe angosciare Beppe è la caduta di popolarità nei salotti che contano, quelli della sinistra pret-à-porter, la sinistra che si era entusiasmata dopo la traversata dello Stretto e si era ubriacata con il risultato elettorale delle politiche.
Una giornalista della Stampa, Maria Corbi, ha raccontato ieri la delusione del Gotha dello spettacolo italiano. Mina, Adriano Celentano, Fiorella Mannoia, Gino Paoli, Marisa Laurito, Sabina Ciuffini, che si erano apertamente dichiarati fans (ed elettori) di Beppe, oggi prendono le distanze. Anche Jacopo Fo (il figlio di Dario e Franca Rame) non crede più nella rivoluzione del comico.
Più autorevoli dei 35 saggi nominati per riformare la Costituzione, gli opinion leader che formavano la corte di Beppe, oggi storcono il naso. Sono convinti che il loro leader preferito abbia sbagliato tutto, isolando il movimento, evitando di confrontarsi con gli altri protagonisti della politica, aspirando al 100 per cento dei consensi. Mentre la politica è fatta di trattative (di inciuci, secondo il vocabolario dei grillini), di compromessi nei quali ciascuno tenta di strappare il massimo risultato possibile, non pretendendo di conquistare il consenso di tutto il Paese, e di tutto il parlamento.
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