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Perché lo Stato vuole allungare le mani sulla sigaretta elettronica

L’introduzione delle sigarette elettroniche è stata accolta con evidente favore dai consumatori: secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, due milioni d’italiani le hanno provate e 500 mila le utilizzano abitualmente: il 70% di questi ha ridotto, in misura più o meno drastica, il proprio consumo di tabacco. Per i consumatori compresi nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni, la sigaretta elettronica ha già doppiato quella “analogica”. A dispetto di tale successo commerciale, il dibattito politico sembra andare in direzione opposta.

Fisco e pubblicità

I tentativi di sottoporre i vaporizzatori a una specifica imposizione fiscale si susseguono da mesi; e, nei giorni scorsi, si è ventilata l’ipotesi di estendere alla sigaretta elettronica i vincoli già previsti per il tabacco: il divieto di utilizzo nei luoghi pubblici, a cominciare dalle scuole, e una stringente regolamentazione della pubblicità. Secondo i sostenitori di tali manovre, non si possono escludere effetti dannosi del fumo elettronico sulla salute; posizione discutibile, perché inverte l’onere della prova e perché non considera, in ogni caso, l’entità del rischio, ben maggiore per i prodotti del tabacco. Dietro il trattamento ambiguo delle sigarette elettroniche – autonomo vizio, male minore, o presidio curativo? – si cela il conflitto d’interessi dello Stato, che, da un lato, pretende di limitare l’incidenza del fumo per tutelare la salute dei cittadini; dall’altro, nel momento in cui un’alternativa credibile si afferma sul mercato, osserva il gettito delle imposte sul tabacco contrarsi di circa 700 milioni l’anno.

La regolamentazione europea

Anche in ambito europeo, la regolamentazione del tabacco e dei prodotti assimilati registra delle evoluzioni: fervono i lavori per la revisione della direttiva che disciplina la materia, con il nuovo articolato dovrebbe entrare in vigore nel 2014. Così come quello italiano, anche il legislatore comunitario appare orientato a un deciso inasprimento del già gravoso quadro normativo, nonché all’inclusione dei succedanei tra i prodotti ad esso soggetti. Tra le misure paventate, l’eliminazione delle sigarette slim, di quelle aromatizzate, del tabacco da masticazione e dei pacchetti da dieci sigarette; l’introduzione di pacchetti indifferenziati, con estensione al 75% della confezione dei messaggi scioccanti che i fumatori hanno imparato a conoscere; il bando dei vaporizzatori che eccedono un limitato contenuto di nicotina. Poche le voci contrarie: tra queste, quella dell’associazione Save the choice, che ha promosso una petizione per mettere in guardia contro l’approccio paternalistico della direttiva (adesioni sul sito www.savethechoice.it).

Libertà e tutela della salute

La cifra comune dei provvedimenti in discussione a Roma e Bruxelles è una forte restrizione delle opzioni disponibili. L’evidenza storica autorizza a dubitare dell’efficacia del proibizionismo, che porta con sé rischi considerevoli, per esempio, quello di danneggiare settori industriali floridi con il risultato di favorire il commercio illegale: il che ridurrebbe ulteriormente le garanzie per i consumatori. È, poi, necessario chiedersi se davvero l’obiettivo della tutela della salute debba prevalere sulla libertà di ciascuno di determinare da sé il proprio stile di vita; a maggior ragione in un momento come questo, in cui l’informazione sui danni del fumo è capillare e i surrogati del tabacco sono facilmente accessibili. In un territorio dominato dai veti incrociati di interessi particolari, l’unica bussola del legislatore dovrebbe essere rappresentata dalla libertà di scelta degli individui.

@masstrovato

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