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Caso Gambaro, Travaglio asfalta Grillo

Chi ritiene ancora Marco Travaglio un giornalista al servizio (editoriale) di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dovrà ricredersi. Certo il vicedirettore del Fatto Quotidiano è stato una delle poche firme del firmamento giornalistico a fare spesso da sponda al Movimento 5 Stelle e al comico genovese divenuto leader politico. E gli addetti ai lavori ricordano ancora un’intervista con domande poco incalzanti a Grillo. Così come anche in tv, a Servizio Pubblico di Michele Santoro, Travaglio faceva la parte, consapevole, del commentatore dai toni grilli. Toni d’altronde rintracciabili a volte anche sul Fatto Quotidiano di carta e più spesso sul Fatto on line.

Detto questo, il commento di prima pagina di oggi sul Fatto Quotidiano diretto da Antonio Padellaro segna un punto fermo per la linea di Travaglio. Senza tante perifrasi, il giornalista che si vanta di essere stato allievo di Indro Montanelli usa accenti montanelliani per sbeffeggiare le ultime “decisioni” del Movimento 5 Stelle e le intemerate di Beppe Grillo. Il titolo del commento è: “I grullini”.

E’ in atto, secondo Travaglio, un “suicidio di massa” dei 5 stelle, “coronato dalla geniale operazione Gambaro“, ironizza il corsivista e saggista, riferendosi all’espulsione avvenuta nel pomeriggio della senatrice. “Cacciare, o far cacciare dalla rete, una senatrice che ha parlato male di Grillo manco fosse la Madonna o Garibaldi, è demenziale, illiberale e antidemocratico”, ha scritto Travaglio. E “non è nemmeno il caso di esaminare l’oggetto del contendere, cioè le frasi testuali pronunciate dalla senatrice nell’intervista incriminata a Sky, perché il reato di lesa maestà contro il Capo è roba da Romania di Ceausescu”.

Certo, ricorda la firma del Fatto, “senza Grillo e i suoi forsennati tour per l’Italia i 5 Stelle non avrebbero preso un voto e le Gambaro non sarebbero state votate nemmeno dai parenti stretti”. Ma quello che Travaglio non perdona a Grillo e al movimento è che il Movimento 5 Stelle “da lepre inafferrabile s’è trasformato in inseguitore trafelato, e ha preso indefessamente a lavorare per i partiti, facendo dimenticare tutte le magagne della politica politicante che a febbraio avevano spinto 9 milioni di italiani a mandarla al diavolo”.

Un “suicidio di massa”, appunto, proprio mentre quello che preconizzavano da tempo Grillo e i grillini (ovvero l’inciucio permanente fra Pdl e Pd meno elle) si è tramutato in realtà con il governo di larghe intese.



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