Ci siamo, dunque. Al termine di una faticosissima trattativa, i ministri economici dell’Ue a 27 hanno raggiunto un accordo sui meccanismi da attivare qualora ci si trovi di fronte alla necessità di salvataggi bancari.
Il risultato, come sempre, è un compromesso, ma segna comunque una rivoluzione. In cambio di una certa flessibilità riconosciuta agli stati nell’applicazione delle nuove regole – la Germania avrebbe voluto un sistema di regole automatico e sovranazionale – i tedeschi portano a casa un obbiettivo storico: il passaggio dalla logica del bail-out a quella del bail-in.
La differenza non è da poco. Mentre con i bail-out il costo dei salvataggi bancari dovevano pagarlo gli stati, che dal 2007 in poi hanno speso migliaia di miliardi per salvare le banche, con il bail-in questo costo lo pagheranno direttamente i “clienti” della banca, secondo un ordine di priorità che vede in prima linea gli azionisti, quindi gli obbligazionisti e infine i depositanti.
E’ il modello Cipro riveduto e corretto.
E poi dicono che le crisi siano inutili.
Non è ancora chiaro fino a quanto si spingerà la difesa dei depositi, visto che alcune direttive europee dovrebbero tutelare quelli sotto i 100 mila euro. Tuttavia l’accordo per essere operativo dovrà avere l’ok dal parlamento Ue entro il 2013, e diventare quindi effettivo l’anno prossimo. Quindi avremo tempo per capire.
Fin qui la cronaca.
Quello che però è interessante rilevare è un’altra cosa: ovvero il trionfo del Berliner consensus nella gestione delle cose bancarie. Proprio come accadde nel 1989, quando le fertili menti americane partorirono il famoso Washington consensus, che fissava precise direttive di politica economica per gestire le crisi dei paesi in via di sviluppo, la Germania ha proposto/imposto la sua personalissima visione sulle modalità di gestione dei salvataggi bancari.
Visione che poi è quella della Bundesbank.
Non si tratta di essere prevenuti, ma di aver letto il pregevole intervento di Sabine Lautenschläger, vice presidente della Bundesbank, all’Istituto degli affari internazionali ed europei di Dublino il 25 giugno scorso. Proprio il giorno prima dell’Ecofin.
Il titolo dell’intervento di Frau Lautenschläger è alquanto icastico: “From supervision to resolution – a German perspective”. Come dire: dalla semplice supervisione alla decisione diretta.
La nostra Frau non ha peli sulla lingua. Comincia con un’ampia ricognizione sullo stato dell’arte dell’unione bancaria, lanciata a giugno 2012, che ha trasferito la supervisione bancaria alla Bce, e alla quale si aggiunta, a dicembre, la creazione di due meccanismi, il SSM (Single Supervisory Mechanism) e il SRM (Single Resolution Mechanism), mentre si è iniziato a discutere di uno schema europeo di assicurazione dei depositi.
La filosofia di queste scelte è chiara, dice la nostra Frau: “Controllo e responsabilità devono camminare mano nella mano”.
Interessante anche il passaggio sull’assicurazione dei depositi che “al momento non è considerato un compito prioritario”. “Dopotutto – dice – uno schema di assicurazione dei depositi è la promessa di un governo ai depositari di indennizzarli fino a un certo punto, e questo significa mettere in comune la responsabilità con i contribuenti degli stati”. Quello che insomma si vuole fare uscire dalla porta, il salvataggio a spese dei contribuenti, entra dalla finestra (con assicurazione depositi).
Ma al di là di tali sottigliezze, quello che conta è che si arrivi a supervisione transfrontaliera delle banche, visto che “gli ultimi cinque anni hanno mostrato come le crisi non si fermino ai confini nazionali”. Il rafforzamento della supervisione dovrebbe consentire di fare politiche di prevenzione, individuando a monte le linee di business di rischio delle banche.
Senonché, pare che non sia sufficiente, secondo la Frau. Il meccanismo SSM presenta “grandi debolezze”. A cominciare da quello che prevede che “la decisione finale spetti al consiglio direttivo della Bce”. Ciò in quanto spesso le varie anime della banca centrale sono in disaccordo e questo “conflitto di obiettivi può minare l’indipendenza interna della Bce”.
Il meccanismo SRM, spiega Frau Buba, è stato invece pensato per dar sostanza al principio che una struttura sovraordinata di supervisione deve “condividere anche una disciplina comune di ristrutturazione e risoluzione”. Bene, al momento “la cornice di regole che stabilisca un’autorità speciale di risoluzione per l’eurozona con estesi poteri di intervento è insufficiente”.
Non basta, insomma, il superpoliziotto Bce, che supervisioni. Serve anche un mister X che prenda le decisioni conseguenti.
E chi sarà mai, questo mister X?
Intanto vediamo chi non può essere. “Trasferire questa funzioni alla Commissione Ue, anche se magari a un comitato ristretto di Stati e per un periodo transitorio non è una buona idea”. E allora chi?
“I politici – suggerisce la Frau – devono legiferare per arrivare a un’autorità indipendente”. Come d’altronde è indipendente la Bce. D’altronde, “il progetto di creazione di un’unione bancaria è simile alla creazione di una politica monetaria unica”.
E chi ha orecchi intenda.
Infine, c’è la questione della gerarchia delle responsabilità sui debiti bancari. “Dobbiamo definirla chiaramente e in anticipo”.
Eccola qua: “Gli azionisti devono essere i primi ad affrontare le perdite, e se questo non è sufficiente non dobbiamo esitare a coinvolgere il debito junior e senior. La grande questione è se coinvolgere o no i depositi. Alcuni stati membri vorrebbero farlo, o almeno coinvolgere quello sopra i 100 mila euro”.
Quelli dell’Ecofin devono aver fatto un rapido copia-e-incolla.