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Un conto è la trasparenza della politica, un conto è la politica vista come the human body

Oggi mi sono capitate due cose. Prima ho letto l’articolo  di Emanuele Macaluso, pubblicato sul Foglio nella rubrica delle lettere. Macaluso, con accortezza e misura, pone le sue riflessioni sulla vicenda, assai delicata, della cosiddetta “trattativa” e sulle polemiche in punta di penna, tra Cerasa e Travaglio. La vicenda, su cui si attende il giudizio della magistratura, è resa rovente per via dell’ambiguo ruolo di Ingroia diviso dallo stare con due piedi in una scarpa (assegnazione ad Aosta) a metterne uno in due (essere un po’ giudice e un po’ politico). Le osservazioni di Macaluso sono posate, calme. Educano all’approfondimento dei fatti prima di aprire bocca. Educano a misurare le parole e a fare esercizio di prudenza senza limitare l’acutezza dell’analisi.
Poi, sulla pagina personale di Facebook di Andrea Vecchio, mi imbatto nel commento disorientato e al limite della rassegnazione del parlamentare rispetto alla poca etica che i suoi colleghi parlamentari stanno dimostrando in quel preciso istante. Lo riporto: “Sono assalito da uno sgomento profondo, mi trovo in aula in attesa di votare un emendamento su un decreto che era andato al senato con pochi articoli e’ stato restituito alla camera con numerosissimi articoli integrati.
Numerosi interventi polemici, uno accusa con il titolo di ” mezzo coglione” , un’altra con il titolo di “coglione”.
Un fiorire di minacce e complimenti. Così lavoriamo alla camera. Sono impotente, non so cosa fare, se andare via o unirmi al coro di improperi.
Andrea Vecchio è siciliano come Macaluso, parlamentare eletto nelle liste di Scelta Civica, uomo d’impresa e uomo del fare. Si sente impotente del poco edificante modo di lavorare dei colleghi che rallenta, al limite della paralisi, il lavoro parlamentare che rende impossibile il cambiamento dello status quo a chi come lui di quel mondo ha poca consuetudine ed è abituato a mettere la propria faccia davanti ai propri elettori e interlocutori.

Emanuele Macaluso e Andrea Vecchio sono due galantuomini. Sono quei Siciliani che Antonio Russello definirebbe “prepotenti”, nel senso buono dell’accezione. Che potrebbero dare scuola, dopo scuola, tempo prolungato da Carrapipi a Sacile, località nel friulano scordata da Dio almeno quanto Carrapipi lo è in Sicilia.
Andrea Vecchio è più in sintonia con Emanuele Macaluso che con un parlamentare grillino con cui condivide la tornata elettorale che lo ha portato alla Camera dei Deputati.

La società civile, l’uno vale uno, i movimenti possono essere dei serbatoi di idee, strumenti per incardinare la protesta in difficili transiti storici per via di miasmi socio economici che intossicano l’esistenza. Tuttavia occorre agire in fretta ricostruendo un rapporto individuale tra l’elettore e l’eletto. La politica non può ridursi a una rimbalzare di click nel web, a una partecipazione di massa. Ci vogliono delle camere di compensazione dove le istanze vengano metabolizzate e fatte diventare azioni coerenti. Nella sintesi che solo una segreteria di partito può dare.
Correre dietro ai tanti rivoli di improvvisati partecipanti della vita politica, zainetto o ventiquattrore, cintura pillazzara o di pitone, non è altro che fare del Parlamento una messaggeria come quella che per un breve tempo fu aperta a Radio Radicale. Allora, che non c’erano gli sfogatoi fatti di blog, social network ecc, i panni sporchi si lavavano a mezzo insulti registrati in Radio. L’esperienza di partecipazione diretta anche quella volta finì tristemente con la chiusura della messaggeria.
Il corpo parlamentare come quello umano ha bisogno di una buona epidermide e di abiti sobri. Un conto è la trasparenza, un conto è fare una radiografia o una sezione dei corpi elettorali. Un conto è guardare Mara Carfagna con un completo di lino in un corridoio in penombra con lei che si muove verso un’ampia portafinestra, un conto è se la vedessimo nella versione della celebre mostra Body.

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