Caro governatore Visco,
grazie per le sue parole sulla nuova sfida che ci attende in Europa. Pur nella stringatezza delle Considerazioni finali, ha lanciato spunti interessanti. Nella relazione annuale sono poi contenute analisi dettagliate. Ma forse si potrebbe dire (e soprattutto fare) qualcosa di più. Ecco, intanto, i passaggi chiave:
“E’ essenziale la comune determinazione a procedere verso una piena Unione europea: monetaria, bancaria, di bilancio, infine politica. Progressi importanti sono già stati compiuti. Nei tempi stretti dettati dall’evoluzione della crisi ci sono state incertezze, sono stati commessi errori, non è stato agevole decidere. Ma la direzione di marcia è chiara. Il percorso di integrazione va proseguito. Il progetto di unione bancaria mira a spezzare la spirale tra debito sovrano e condizioni delle banche e del credito. La gestione, all’inizio di quest’anno, della crisi bancaria di Cipro, giunta a soluzione solo dopo che erano emerse difficoltà di coordinamento tra le autorità europee e nazionali, ne ha ulteriormente messo in evidenza l’importanza. La creazione di un supervisore unico, imperniato nella Bce e nelle autorità nazionali, è il primo passo; va rapidamente completato da uno schema comune di risoluzione delle crisi bancarie e da un’assicurazione comune dei depositi.
“Vanno precisati i contorni, definiti i tempi di attuazione, del progetto di un bilancio pubblico comune dell’area dell’euro. In questa direzione muovono il Rapporto della Commissione europea del novembre dello scorso anno e quello predisposto dai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione, dell’Eurogruppo e della Bce. L’istituzione di meccanismi di sostegno finanziario comuni per le riforme strutturali nei singoli paesi può fornire l’occasione per avviare il progetto e intraprendere, in via sperimentale, l’emissione di titoli di debito congiunti”.
Le sfide per l’Italia dell’integrazione europea
Lei ricorda che sono stati commessi errori. Cipro docet, ma anche prima è stata una fiera della vanità intellettuale e della inconsistenza politica. E invita a precisare contorni e tempi del bilancio pubblico comune. Il dibattito, a quel che risulta, ha fatto un passo avanti per impulso di Hollande, seguito dall’Italia. La Merkel prepara un progetto organico e rilancia il modello federalista. Su questo, la Francia resiste e preferisce parlare di cooperazione rafforzata, in sostanza i governi nazionali restano titolari della politica di bilancio che però viene coordinata a livello europeo da un quasi ministro con un quasi ministero. Ora, l’esperienza del quasi ministro degli Esteri non è stata granché positiva (sulla Siria poi è affondata del tutto, la Ue ha deciso l’ognun per sé). Ma forse si può far meglio. Con chi sta l’Italia? Letta è federalista. Ma il Paese è in grado di cedere integralmente la politica fiscale? E a quali condizioni?
Il modello Deutschland
La filosofia economica tedesca è chiara: regole stringenti per tutti, le più vicine possibili al Modell Deutschland, parametri rigidi che possono essere ammorbiditi di volta in volta sulla base di condizioni altrettanto rigide. Il trattato di Maastricht è ispirato a questa impostazione e ha visto le prime cospicue eccezioni (Germania e Francia) già nel 2003, finché, alla prova di una seria crisi, è scoppiato. Il Fiscal compact ha seguito lo stesso criterio e si è rivelato troppo pesante, tanto che a ben sei Paesi è stato consentito di restare fuori dai parametri; e non sono Paesi da poco, c’è la Francia, la Spagna, l’Olanda, la Polonia. Se la maggior parte dei membri non riesce a seguire lo statuto del club, che cosa si fa? Li si caccia tutti restando soli o si cambiano le norme? I talebani dell’austerità (definizione di Visco) preferiscono la prima soluzione, ma per fortuna il buon senso esiste ancora.
Il fallimento delle teorie alla base della Bce
La politica di bilancio è politica, lo dice la parola stessa. E la politica è scelta, non un pilota automatico. Del resto, la teoria del pilota automatico partorita proprio dalla scuola monetarista tedesca (la banca centrale deve restare neutrale, stampando moneta solo per garantire i commerci in un ambiente stabile e non inflazionistico) non ha funzionato e la Bce si è dovuta inventare “misure non convenzionali”. La Bundesbank ha protestato, ma le ha ingoiate nel suo stesso interesse (e delle banche germaniche).
Una federazione senza solidarietà
Emma Bonino, ministro degli Esteri, dice: andiamo a vedere le carte di Berlino. Oggi l’Italia ha alcune chance perché non è più sorvegliata speciale. Ma non c’è da farsi illusioni. E anche l’idea di battere i pugni sul tavolo o minacciare di alzarsi dalla sedia, non funziona. Lo si è visto in più occasioni. Visco parla di “titoli di debito congiunti”, in sostanza eurobond per sostenere le riforme strutturali. Un principio di solidarietà e di equa ripartizione degli oneri che dovrebbe essere alla base di ogni progetto federale. Ma c’è questo nelle carte della Kanzlerin?
Il ruolo di Bankitalia
Caro governatore, sono questioni che riguardano la politica estera, anzi la politica alta, quindi il governo italiano. Ma lei ricorda giustamente il contributo “di idee e di iniziativa politica” dell’Italia alla costruzione europea. Molto si deve proprio alla banca centrale e al suo trust di cervelli. Restiamo, dunque, in partecipe attesa.
Stefano Cingolani
www.cingolo.it