Una bussola per l’industria impiantistica energetica mondiale. Questo è il senso economico e commerciale dello scenario energetico delineato dal centro studi di Deutsche Bank (il report, a firma Josef Auer, è datato 16 luglio) e basato sulle previsioni dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea). Il report evidenzia come ancora nel 2035 l’energia idroelettrica sarà la principale fonte rinnovabile con il 15% della produzione globale, mentre alla stessa data nonostante i forti tassi di crescita il solare sarà appena al 3%.
Acque d’Europa
In Europa, l’hydropower “svolge un ruolo cruciale per gli impianti su larga scala” anche per il futuro. Infatti, soltanto il 64% del potenziale europeo in questo settore, con circa 300TWh/anno ancora inutilizzati. Lo studio indica specificamente l’Arco alpino, il Sud-Est europeo, l’Albania e la Turchia come principali frontiere per nuovi investimenti idroelettrici. Con tutto ciò l’Europa resta una frontiera decisiva per le rinnovabili, e lo è in particolare la Germania dove, nota lo studio, “governo e opposizione sono singolarmente uniti nell’indirizzare la politica energetica” verso le fonti verdi. In Europa, dal 2000 al 2011 la capacità installata eolica è aumentata di 84 GW e quella fotovoltaica di 47GW. Inoltre, nel 2011 le rinnovabili hanno rappresentato il 71% della nuova capacità installata.
Gas d’America
Un ampio capitolo è dedicato all’irrompere del gas nel mix delle fonti fossili, grazie alle nuove scoperte di giacimenti non convenzionali e allo sviluppo di tecnologie di trasporto più flessibili basate su rigassificatori e processi gas-to-liquids. Deutsche Bank segnala l’esistenza di una forte ma non incontrastata dinamica verso un mercato del gas più aperto e meno regionalizzato. Questa dinamica è in parte interpretata dai piccoli produttori Usa scatenati dal boom dello shale gas, mentre negli stessi States appare più problematica la catena del valore per l’export, come segnalato dal fatto che il primo terminal LNG nel Golfo del Messico sarà pronto solo nel 2015. In parte dagli stessi grandi gruppi legati ai contratti take-or-pay, ora più disponibili a considerare forme contrattuali più flessibili. Il report segnala il caso di Gazprom che ha aperto una filiale per il marketing e trading internazionale a Londra, registrando la disponibilità russa a “fare concessioni sui contratti a lungo termine” con E.ON e RWE. Insomma, un pò di fresco vento liberista atlantico arriverà anche in Europa…attraverso i magnati del gas russo.
E i Bric a carbone.
Nello scenario Iea, le fonti fossili continueranno a svolgere un ruolo molto importante. Si passerà più specificamente da un 81% sul consumo globale nel 2010 al 75% nel 2035. Merito del gas, certo, ma anche del carbone la cui domanda aumenterà del 60%, più che raddoppiando in India che sostituirà dunque gli Stati Uniti come secondo consumatore globale. Al centro delle dinamiche naturalmente è la Cina, che rappresenta circa il 50% dei consumi globali e che pure dovrà conciliare la fame di carbone con gli obiettivi di riduzione delle emissioni. In Asia inoltre la situazione delle infrastrutture rende relativamente meno proficuo investire nell’estrazione di gas, favorendo indirettamente il carbone.
Il terzo fronte: spazio per gli impiantisti italiani?
In tutto questo, il report sembra significativo soprattutto perché aggiunge alle due grandi sfide impiantistiche ben note (le infrastrutture flessibili per il mercato aperto del gas, e le rinnovabili), una meno nota (il rinnovo e l’ampliamento del parco idroelettrico) e un’altra ben conosciuta a livello commerciale, tanto da fare la fortuna di molti gruppi anche italiani, ma che ha poco “appeal” pubblico. Sono le turbine a ciclo combinato gas-vapore che, nelle forme avanzate, “rappresentano un grande salto in avanti tecnologico”, garantendo miglioramenti dell’efficienza fino al 58% o anche all’80% per la produzione di calore ed elettricità. E i fondamentali per il carbone efficiente e pulito sono in prospettiva buoni: la riduzione del consumo negli States, dovuto al boom del gas, produrrà un eccesso di offerta, con possibili riduzioni di prezzo nei mercati europei ed asiatici.