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Una lezione di buona politica (ed etica) per Calderoli

Le parole sono pietre. “Le parole si adagiano nella realtà ideologica dei tempi, si plasmano e si trasformano col mutarsi dei costumi (talora cattivi) degli uomini. E gli uomini, proprio per questo, con maggiore o minore consapevolezza, cercano di far dimenticare le parole, sperando di far dimenticare le cose”.

Coscienza, etica e civiltà

Un breve pensiero di Antonio Gramsci, scritto per altro tema e in altra circostanza, ci aiuta a capire meglio e a reagire con registro appropriato ai fatti gravi di questi giorni, che sono fatti di parole innanzitutto (male usate e peggio indirizzate) e quindi fatti di coscienza, di etica e di civiltà.
La politica è, o dovrebbe essere, la sintesi di queste tre dimensioni.
La politica si avvale del discorso come suo principale strumento di azione e i politici hanno piena legittimità nel farne un uso potente, che talvolta ne sfrutta abilmente tutte le potenzialità espressive.
Ciò che conta, tuttavia, è, oggi come ieri, l’osservanza delle regole di adeguatezza e di rispetto: verso l’interlocutore e la sua sensibilità, verso il contesto in cui si usa una certa espressione e, soprattutto, verso la funzione stessa del discorso politico, che è, sempre e comunque, una funzione pubblica condivisa dalla comunità, doverosamente sottoposta al suo diretto controllo ed esercitata nel suo interesse.
Di questo banale principio nella cultura anglosassone si è fatto un dogma, la cui religione si chiama correttezza politica. E il politically correct è ormai un principio-guida dominante nella comunicazione pubblica americana, a tutela dei diritti della persona e delle minoranze.

Cosa manca in Italia

Che cosa manca allora nella nostra cultura politica, che non pone più limiti alla tolleranza e alla rassegnazione passiva di fronte all’ascolto e alla vista di continue infrazioni delle più semplici regole di etica della comunicazione e di gestione del dibattito pubblico da parte dei suoi più autorevoli protagonisti?
Che cosa è venuto meno nella nostra sensibilità e nella nostra capacità di reazione alle parole di pietra come quelle pronunciate in un contesto ufficiale, pubblico e politico dal Vice Presidente del Senato Calderoli nei confronti del Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge?
Questo brutto episodio, che offende un’etica ed un’estetica normalmente accettate e condivise anche in Italia (non si oltraggia un Ministro della Repubblica, né una donna, né uno straniero) è sì episodio gravissimo, ma non isolato nella storia recente. Esso ci impone una riflessione più ampia.

Due considerazioni in merito

Primo: nella sostanza dell’agire politico, si è persa nel Paese la coscienza diffusa dei compiti primari di una classe politica che governa società complesse e avanzate, come quella italiana. La buona politica deve trasmettere un sistema di valori e i buoni politici, coerentemente, hanno il dovere di conoscere, osservare e praticare le regole di base della convivenza civile, in cui c’è e deve esserci rispetto per le minoranze e per ogni tipo di diversità e un investimento duraturo nell’educazione delle nuove generazioni a queste stesse regole.

Secondo: nella forma dell’agire politico, si è persa la conoscenza più elementare della grammatica e della pragmatica della comunicazione etica, che non può in alcun modo restare separata dalla comunicazione politica.
In sintesi è la dignità che manca, concetto antico che già Cicerone indicava come l’insieme delle qualità indispensabili per l’esercizio delle cariche pubbliche. Sarà buona e nuova quella politica che avrà la forza di riaffermare la dignità della politica, nelle parole e nei fatti.

In Aula il Senatore Calderoli ha preso parola, chiedendo scusa alle Istituzioni. Gli interventi sono stati molto duri sul punto, in qualche caso aspri nelle misure richieste (dimissioni per PD, SC e M5Stelle) e per una volta concordi nella denuncia di una manifesta inadeguatezza al ruolo, non della persona sia chiaro, che per ammissione comune possiede dottrina e metodo, ma di un autorevole rappresentante del popolo italiano cui non può essere concesso il lusso dell’aggressività verbale.

Stefania Giannini

senatore Scelta Civica

 

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