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Calderoli, gli insulti di bassa lega in Paese involgarito

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Massimo Tosti uscito sul quotidiano Italia Oggi.

Più che un razzista, Roberto Calderoli ha dimostrato di essere un pirla. Dare dell’orango al ministro Cécile Kienge non è stato un semplice infortunio (o una «battuta», secondo la derubricazione di alcuni suoi compagni di partito): è stata un’autentica sciocchezza che, oltretutto, dimostra la scarsa confidenza del vicepresidente (ancora per quanto?) del Senato con gli specchi. Se si guardasse più spesso in faccia non azzarderebbe motti di spirito sulle fattezze altrui. La verità è che i leghisti, in tempo di crisi, tendono a imitare un po’ Mario Borghezio, colui che deteneva il copyright per le sortite e gli insulti di «bassa lega». E la verità è che l’Italia intera si è involgarita. Sono lontanissimi gli anni nei quali Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti si fronteggiavano dandosi rigorosamente del lei. Togliatti, anzi, era uno che apostrofava i giornalisti da lui ritenuti scomodi, con il titolo di «Ella», dimostrando una buona (ma piuttosto agé) cultura classica. Da trent’anni o quarant’anni a questa parte (e non date, per favore, la colpa al solito Berlusconi e alle sue tv) il linguaggio di tutti è infarcito di parolacce. I film che tengono alto il nome della cinematografia italiana sono i «cinepanettoni», nei quali la scurrilità scorre a fiumi. Nei dibattiti televisivi fra politici (o comici, non fa alcuna differenza) si sprecano i vaffa (di cui Grillo non è certo l’unico proprietario).

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