Ci sono giorni in cui viene da chiedersi cosa significhi “governo delle larghe intese” ed immediatamente un riflesso incondizionato provoca come reazione spontanea una smorfia di sorriso sconsolato.
Quando è accaduto in passato, le intese erano dovute all’interesse nazionale in un dato particolare momento di difficoltà del Paese tra i due principali partiti di allora e qualche cespuglio pizzicato qua e là.
Diciamolo ancora una volta: oggi il governo Letta è il miglior risultato esprimibile dalla scorsa tornata elettorale. E’ stato varato in una situazione di recessione economica senza precedenti, quindi trova la sua ragione d’essere nell’intento di superare i naturali differenti ideali e le diverse culture storiche dei suoi azionisti per un interesse superiore, quello del Paese.
Ora, senza entrare nel merito se ce la farà o meno, della lentezza con cui si muove o dei continui rinvii, veniamo alle larghe intese. Queste dovrebbero avere quale presupposto fondamentale che i due principali soggetti che le hanno sottoscritte siano al loro interno coesi e determinati nel mantenere fede agli impegni assunti nei confronti del Capo dello Stato e dei cittadini elettori, questi ultimi – giova ribadirlo – responsabili con l’espressione del loro voto dell’attuale situazione. Nondimeno, occorre tenere ben presente che l’alternativa, ovvero nuove elezioni, non sono possibili sia per l’esito scontato di portare ad una situazione identica a quella attuale, sia perché il delicato contesto del Paese non lo permette. Ed è bene aver ben chiaro questo aspetto.
Tuttavia, nel Belpaese è possibile tutto ed il contrario di tutto. Ad onor di verità, anche in questo caso senza voler entrare nei rivoli delle dietrologie, dalla parte di uno degli azionisti, il Pdl, ancora una volta la figura del leader ha messo fine alle azioni di disturbo ed alle starnazzate dei più agitati. Da più di una settimana, sono scomparsi dalle pagine dei giornali le dichiarazioni di fuoco dei cosiddetti falchi, in particolare uno dei maggiori esponenti di quella fauna, la Santanchè ha smesso di parlare e finalmente si è taciuta. Con tutti i suoi problemi, con un futuro prossimo di cambiamenti annunciati e programmati – Forza Italia – al Cavaliere va almeno riconosciuto il suo ruolo di leader che quando richiama gli adepti all’ordine, questi prontamente obbediscono: d’altronde, quando servono, i voti poi li prende lui …
Il problema per Letta, paradossalmente ma non troppo, viene proprio dal suo Pd, altro azionista di riferimento del suo governo. Ed proprio all’interno del suo partito che mancano le larghe intese: da qui il sorriso, o la smorfia, di cui all’inizio. Si perdoni il gioco di parole, ma come sono possibili le larghe intese quando in uno dei due soggetti mancano del tutto le intese? Quello che avviene all’interno del Pd non è più un dialogo o un acceso e salutare confronto tra differenti correnti, ma una sorta di separazione tra due coniugi che non si sopportano ma sono costretti a condividere lo stesso tetto. E’ azzardato affermare che il Partito Democratico non più un partito? Credo proprio di no.
Ed uno dei maggiori attori di questo processo distruttivo, il sempre più assenteista sindaco di Firenze, non perde occasione di gettare benzina sul fuoco. Come non leggere nella sua ultima uscita, quella relativa alle dichiarazioni su Alfano e sulla grottesca vicenda kazaka, un ennesimo pretesto per soddisfare la sua ambizione personale, mettendo in grande difficoltà il “povero” Letta proprio mentre alla City di Londra è alla ricerca di investitori per il Belpaese? Ed ancora, come non scorgere nei suoi recenti slalom con curve a sinistra il tentativo di cancellare dalla mente degli elettori del Pd una famosa colazione ad Arcore?
L’ambizione, seppur lecita, di Matteo Renzi mette però a rischio quelle fragili larghe intese, di conseguenza il futuro del Paese senza che il ritrovato rottamatore abbia espresso in modo chiaro cosa proporre quale alternativa, limitandosi, al contrario di ciò che aveva predicato in passato, a stucchevoli e sterili critiche che hanno il sapore di una personale smania di arrivare al solo traguardo di una affermazione personale.
Un grande vecchio della prima e seconda Repubblica era solito ripetere che a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si prende. Ebbene, Renzi è intelligente quanto basta per sapere che certe sue affermazioni, siano queste dettate da sue nobili intenzioni o meno, indeboliscono l’azione del governo in un momento in cui la coesione nazionale è fondamentale per il futuro dei cittadini italiani: l’auspicio è quello che lo sia abbastanza da capirne l’importanza e le nefaste possibili conseguenze delle sue azioni.
Un personalissimo suggerimento non richiesto: prenda esempio dalla Santanchè e stia zitto per un po’, evitando peraltro di giocare sulla pelle di noi tutti e perdere nel contempo la simpatia che si è guadagnato.