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Ecco come far ripartire l’industria italiana

Autorità, Cari Colleghi, Gentili Ospiti,

sono passati 7 mesi dalla costituzione di Confimi Impresa e un anno è passato dal lancio dell’idea di una nuova Confederazione datoriale nata sulla spinta di quattro associazioni (le territoriali di Bergamo, Modena, Verona e Vicenza).

Oggi sono orgoglioso di vedere come si siano aggiunte altre importantissime realtà ed altre ancora stanno per arrivare. (…)

L’articolo. 53 della Costituzione dice: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Ma perché allora lo Stato tassa imprese in perdita?

Si sente spesso parlare di crescita e di politiche per la crescita.

Ma come si fa a parlare di crescita da un lato e contemporaneamente tassare chi investe per la crescita?

Perché non si rendono deducibili gli interessi su un investimento effettuato?

E le imprese manifatturiere italiane si muovono in un contesto in cui non è stata data ancora la giusta evidenza ai  3 aspetti che incidono maggiormente: mancanza di materie prime; costo del lavoro più alto d’Europa; costo dell’energia più alta del mondo (+35% rispetto ai principali competitors europei).

E poi ci si domanda come mai le aziende multinazionali non vengono ad investire in Italia?

Ora qualcuno si chiederà come mai queste storture, queste contraddizioni, queste ingiustizie che gravano sulle imprese, non sono note ai più e raramente si leggono.

Proprio per questo, non sentendoci rappresentati da nessuna associazione che abbia alzato la voce di fronte a queste gravi situazioni, ci siamo costituiti.

E in questo complicatissimo contesto non possiamo dimenticare o non denunciare una scelta che è stata fatta in merito alla globalizzazione.

Negli anni passati è stata fatta una lettura errata della globalizzazione, è stata fatta una scelta non ponderata.

Contrariamente alle visioni ottimistiche che ci furono prospettate circa un grande sviluppo di prodotti acquistati dai Paesi emergenti la realtà è ben differente.

Dobbiamo riscontrare che sugli scaffali, nei negozi, troviamo sempre più prodotti a basso costo che arrivano da Paesi in cui non viene rispettata nessuna regola sui diritti civili, sulla sicurezza sul lavoro, sui diritti sindacali, sul rispetto dell’ambiente.

Diritti e regole che l’Occidente si è dato e che rispetta in modo rigoroso.

Mi chiedo? Come si fa da un lato essere garanti di una certa etica, e dall’altro sottacere ed essere complici di acquisti di prodotti di aziende/Paesi che non rispettano le norme che noi ci siamo dati?

Le nostre imprese manifatturiere devono competere sui mercati con aziende che non adottano queste attenzioni muovendosi in un contesto di continuo dumping.

E’ ipocrisia non vederlo e accettarlo senza dire nulla.

Come facciamo a stare sul mercato?

Da più parti giustamente si dice di salvare il lavoro, ma il lavoro non si crea per decreto.

Non possiamo fare finanza, non possiamo fare servizi se manca la manifattura, componente fondamentale della crescita economica e dello sviluppo dell’occupazione giovanile.

Una manifattura che è stata rilanciata con grande enfasi anche negli USA da Suzanne Berger, una dei massimi esperti mondiali in tema di globalizzazione e competitività internazionale, Professoressa di scienze politiche al prestigioso MIT a Boston, dove dirige anche la International Science and Technology Initiative. (…)

Cosa fare allora? Cosa fare per  rilancio delle imprese manifatturiere?

Negoziare subito con l’Unione Europea condizioni meno vessatorie sul rientro del nostro debito e poter agire con margini di manovra fuori dal 3% del rapporto deficit/PIL.

E poi proseguire nelle riforme strutturali con tagli alla spesa pubblica improduttiva e agli sprechi.

E’ necessario  ridurre di circa 10 punti la spesa pubblica.

Anche lo Stato in questa fase deve comportarsi come le imprese che in crisi si adoperano per ridurre  costi.

Se lo Stato ha uscite totali pari a circa 800 miliardi dovrà in qualche modo trovare al proprio interno la possibilità di trovare adeguate coperture senza ricorrere ad altri aumenti.

Paolo Agnelli

presidente Confimi Impresa

(il testo è un estratto dalla relazione tenuta da Agnelli nel corso dell’assemblea pubblica tenuta oggi a Roma)

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