Se fossimo in Italia, le elezioni tedesche del 22 settembre sarebbero subito etichettate come un plebiscito – horribile dictu per i tedeschi – pro o contro la cancelliera Angela Merkel che gode di un prestigio popolare transpartitico, essendo considerata la garante della sovranità politica tedesca in Europa e nel mondo. Questa formulazione è più gratificante e più nobile della cruda e intransigente “difesa degli interessi” economici tedeschi.
Per far valere la sua linea “del rigore e delle riforme” sugli altri partner europei con argomenti solo in parte condivisi, la cancelliera parte da una certezza: in Europa non si può decidere nulla senza la Germania, tantomeno contro di essa. Questa affermazione suona antipatica, ma esprime non soltanto la realtà di fatto ma anche la sostanza stessa dell’Unione: discutere, dibattere, convincere, ma anche minacciare, ricattare. La cancelliera Merkel è maestra in questo, ma l’azione ferma e motivata dei partner e delle istituzioni europee sta gradualmente contrastando e modificando le sue rigidità.
La cancelliera non è ancora entrata in una campagna elettorale che si presenta tutt’altro che facile. Deve infatti fermare l’avanzata dei radicalismi anti-europei – etichettati come populismi – assicurando che l’euro è un bene irrinunciabile per la Germania. In aggiunta, deve convincere gli elettori che eventuali correzioni di rotta – come quelle annunciate dalla Banca centrale europea, Bce, ora sotto esame della Corte costituzionale di Karlsruhe – non sono un “cedimento” bensì mosse compatibili con la linea governativa.
Da qui il “gioco di squadra” dell’intero establishment davanti alla Corte iniziato con il duello a colpi di fioretto tra il rappresentante tedesco nella Bce, Jörg Asmussen, e il responsabile della Bundesbank, Jens Weidmann. Entrambi sono personaggi “dalla parte” della Merkel. Al di là dell’oggetto specifico della contesa – la politica presuntivamente pericolosa della Bce – il messaggio del duello e del connesso “gioco di squadra” davanti al pubblico tedesco è chiaro: ogni innovazione nell’eurozona può essere discussa, ma alla fine deve avere l’avallo della Germania.
Questa è la filosofia Merkel: nessun “cedimento”, ma un accompagnamento di una situazione in movimento che non deve sfuggire di mano né si può arrestare sotto pena di distruggere l’Europa.
Riuscirà la cancelliera a tradurre questa posizione in un messaggio elettorale convincente e vincente? A suo vantaggio c’è la mancanza di alternative alla sua linea e alla sua leadership. Non pare infatti che nel campo socialdemocratico – guidato dall’ex- ministro della Grande Coalizione Peer Steinbrueck – ci siano vere alternative. Da questo punto di vista, pensando ad un possibile esito elettorale, non si può neppure escludere l’ipotesi di una nuova Grande Coalizione che a suo tempo fece la fortuna politica del primo cancellierato Merkel.
Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienza politica dell’Università di Torino. Per alcuni anni Gastprofessor presso la Freie Universitaet di Berlino. Tra le sue pubblicazioni: Germania Italia Europa. Dallo Stato di potenza alla ‘potenza civile’ (Einaudi 2003, trad. tedesca, 2006); Berlino. La reinvenzione della Germania (Laterza 2009). Cavour e Bismarck (il Mulino 2011; trad. tedesca 2013).