Si privatizza? E che cosa si privatizza? E quando? E come? Le domande nei palazzi della politica, dell’economia e della finanza, non solo italiana, si sono rincorse oggi dopo le dichiarazioni del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, sulle quote delle aziende del Tesoro da dismettere, dopo una intervista del titolare del dicastero di via Venti Settembre a Bloomberg.
Le domande si sono aggrovigliate anche dopo le precisazioni del portavoce del ministro. La morale della giornata, fra dichiarazioni e precisazioni, è che la chiarezza anche in questo tema è un vero tesoro. E da un uomo dell’esperienza e delle Istituzioni come Saccomanni non c’era davvero da attendersi questo vociare.
C’è comunque da dire che sul tema lo stesso premier Enrico Letta ha fatto intendere agli investitori internazionali incontrati nella sua trasferta londinese che l’intenzione del governo è effettivamente quella di dismettere anche alcune quote di società quotate. Mentre altre indiscrezioni governative raccolte oggi dai quotidiani attestano che nel dossier privatizzazioni di aziende pubbliche rientrano parti del capitale di Fincantieri, Poste ed Fs. Si vedrà.
Quello che è certo è che questo afflato liberista poco si concilia con una riaffermata presenza e funzione della Cassa depositi e prestiti non solo nei finanziamenti agli enti locali (suo compito storico) ma anche alle pmi, ai progetti infrastrutturali e agli investimenti nelle reti, tanto da essere al lavoro per una vera e propria società delle reti. Oltre a ruoli di garanzia pubblica, su vari dossier, che hanno fatto esclamare via Twitter all’editorialista del Sole 24 Ore, Guido Gentili: “Pare che senza garanzia statale il #credito non si riattivi. Stato scassato e iper indebitato ma alla fine sempre invocato”.
Un cinguettio su cui meditare, anche al Tesoro e a Palazzo Chigi.