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Corriere della Sera, Repubblica e Sole perplessi per l’eccesso di euforia europea di Letta

L’annuncio di ieri di Bruxelles su una maggiore flessibilità di spesa per i Paesi virtuosi che hanno visto chiudere la procedura d’infrazione per deficit eccessivo, tra cui l’Italia, continua a far discutere. Quante saranno le risorse effettivamente messe a disposizione dell’Italia? Si tratterà di un’opportunità seria o di un’euforia ingiustificata? E’ un primo passo verso un’apertura dell’Ue alla golden rule o i vincoli reali impediranno l’utilizzo dei fondi? Ecco come tentano di rispondere a queste domande economisti e analisti.

I vincoli effettivi e un risanamento meno pressante

La scelta dell’esecutivo comunitario rischia “di deludere molti governi, in particolare quello italiano, perché la nuova interpretazione prevede molti paletti e condizioni”, scrive il corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore, Beda Romano.

“Alcuni governi – prosegue – speravano in cuor loro che le nuove regole sul calcolo degli investimenti pubblici nei bilanci nazionali potessero riguardare in generale tutta la spesa pubblica in conto capitale. La stessa Commissione voleva pubblicare linee-guida più estese. Così non sarà. Oltre a rispettare il criterio del deficit, l’Italia dovrà soddisfare anche il parametro del debito, riducendo di un ventesimo all’anno la differenza tra il 60% del Pil e il livello attuale (127% del Pil nel 2012). Più in generale, l’annuncio di Barroso è un nuovo segnale di come le autorità comunitarie stiano rivedendo il ritmo del risanamento dei conti pubblici in un contesto economico difficilissimo e mentre si moltiplicano le critiche alla strategia europea”, conclude.

I numeri dell’eventuale tesoretto italiano

Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera si concentra sulle risorse di cui potrebbe beneficiare l’Italia e sulle parole di Barroso, “caute, fino all’ambiguità. Che cosa significa concedere ‘scarti temporanei dalla traiettoria del deficit strutturale’ per poi precisare che ‘in ogni caso’ il disavanzo non potrà superare la soglia limite del 3 per cento sul prodotto interno lordo? Forse, nella migliore delle ipotesi, il governo guidato da Enrico Letta potrà contare su un tesoretto di 10-12 miliardi per il prossimo biennio. Vale a dire la quota del cofinanziamento nazionale sui programmi di investimento spesati con i fondi di coesione europei”.

Il pareggio di bilancio strutturale

“Conta quanto distante è nel tempo il pareggio di bilancio tendenziale ‘strutturale’, cioè corretto per il ciclo, che attualmente per l’Italia era previsto al 2014-15”, scrive sul blog dell’Istituto Bruno Leoni Oscar Giannino. Infine c’è un criterio aggiuntivo, che il commissario Rehn ci ha tenuto a chiarire proprio per frenare l’euforia italiana: il maggior deficit possibile ‘deve comunque’ rientrare nel tetto del 3%. Il che significa che se prendiamo per buone le previsioni di aprile del governo, che fissavano nel 2,4% di Pil il deficit per il 2013, nell’anno in corso il margine per l’Italia è di un deficit aggiuntivo pari allo 0,5-0,6% di Pil, cioè contenuto entro gli 8 o 9 miliardi. Meglio di niente, ma comunque poca cosa”.

Lo stillicidio di stime

Più critico il vicedirettore di Libero, Franco Bechis, che su Twitter scrive: “Ok Ue ai conti pubblici italiani sembra l’Enalotto. Quanti soldi si liberano? Saccomanni: 12 mld. Letta: 7-8, altri: 15, Trigilia:6. Ora:0”.

Gli effetti energetici

Per Guido Bortoni, presidente dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas, bisogna guardare alla sostanza. “Con gli investimenti fuori da #pattostabilità, anche infrastrutture energia e (soprattutto) acqua non graveranno solo più su tariffe. ottimo”, ha commentato su Twitter.
è il presidente della autorità per l’energia e il gas

Golden rule e riduzione del debito

“Successo del nostro governo in Europa http://www.mauriziolupi.it/vittoria-governo-letta-europa-barroso/#.UdRhA6wmPgk … Infrastrutture non costi ma investimenti: quindi fuori dal patto di stabilità!”, cinguettava ieri invece il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi.

Ma, come sottolinea Sarcina sul Corriere della Sera di oggi, “la concessione di Barroso è molto distante dalla richiesta italiana di scorporare semplicemente gli investimenti dal calcolo del deficit pubblico (la cosiddetta golden rule ). Sappiamo anche quanto la politica del rigore europeo continuerà a metterci in difficoltà nei prossimi mesi. Basta ricordare la norma del trattato sul fiscal compact che impone ai Paesi come l’Italia un drastico taglio dell’indebitamento (un ventesimo all’anno della quota eccedente la soglia del 60 per cento sul prodotto interno lordo). In moneta vuol dire una manovra di 40-50 miliardi di euro all’anno”.

L’Italia e il caso Cipro

Il cambiamento di atteggiamento dell’Ue viene sottolineato anche da Federico Fubini su Repubblica. “Un Paese che non si aiuta da solo – a crescere, a rompere i vincoli che lo bloccano,
non solo a risanare – difficilmente verrà aiutato dagli altri. Viceversa, il caso Cipro ha
dimostrato che un governo che minaccia di farsi saltare finanziariamente per forzare gli altri a
sostenerlo, verrà portato sull’orlo dell’abisso e oltre”. Ma intanto il debito pubblico italiano “continua a salire verso il 132% del Pil, non lontano da una soglia che l’Eurogruppo considera insostenibile, e la contrazione del prodotto anche quest’anno sarà attorno al 2%”.


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