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Ignazio Marino, ecco i segreti della comunicazione del sindaco di Roma

Bicicletta e zainetto in spalla, Ignazio Marino ha pedalato dritto fino in Campidoglio, oggi il primo consiglio comunale nelle vesti da sindaco. Per ripercorrere la strada che l’ha condotto fino lì e per sapere quali nuovi itinerari ha in serbo per la sua città, Formiche.net ha interpellato Paolo Guarino, responsabile della comunicazione per la campagna elettorale e socio dello studio DGG consulting.

Ma con quello zainetto e quella bicicletta, Marino ci fa o ci è?
Siamo partiti dalla sua vera immagine e abbiamo cercato di valorizzarla. Porta la zainetto da anni e, quando era senatore, aveva fatto mettere la rastrelliera a Palazzo Madama, anche se poi gli altri suoi colleghi avevano preferito toglierla per il parcheggio riservato alle automobili. Marino è davvero così, lo zaino e la bici sono due tratti simbolici del personaggio su cui abbiamo lavorato.

Com’è finito un medico genovese alla guida di Roma? In molti hanno criticato il “Daje” come slogan…
In realtà “Daje” non era uno slogan ma il titolo della prima iniziativa che ha lanciato la sua candidatura. Non è una parola di Marino, questo è certo, ma l’abbiamo scelta per giocare proprio sul fatto che non è romano. “Daje” è rimasto sia nelle critiche che nelle persone che l’hanno apprezzato ed è per questo che dopo il suo lungo tour per la città è stato Marino stesso a riutilizzarlo, era il completamento del cerchio. La sua presunta non romanità alla fine è stata superata.

Tra le critiche più forti mosse a Marino, c’è il suo pensiero sui temi eticamente sensibili…
In realtà sono dei non temi per quanto riguarda le comunali. Infatti l’insistere strumentale della destra sulla vivisezione non ha influito sul risultato finale.

E su cosa ha inciso il successo finale secondo lei?
Curiamo la comunicazione di Marino dai tempi delle primarie del 2009. La sua caratteristica principale è l’essere un politico “anomalo”, Gianni Alemanno ha fatto bene a definirlo “marziano”: lo è rispetto alla politica tradizionale e, anche se la campagna elettorale è di fatto iniziata dopo le politiche e quindi in un periodo di estrema incertezza per il Pd, la sua caratterizzazione personale alla fine è prevalsa.

Marino è un marziano anche per il Pd? Sul palco con lui non ha voluto nessun big del partito nelle manifestazioni di chiusura della campagna…
Sicuramente ha scelto un posizionamento civico. Non voleva chiudersi in un dibattito politicistico su destra e sinistra ma pensare in modo concreto alle soluzioni dei problemi della città. In questa campagna c’è stata una presenza forte di Nicola Zingaretti, ma in quanto amministratore appunto. E anche la partecipazione di Renzi è stata sotto queste vesti.

Le parole chiave della comunicazione di Marino sono state trasparenza e merito. Continueranno a esserlo anche ora che è stato eletto?
E’ difficile che tutto sia trasparente da subito ma saranno sicuramente due tratti distintivi del suo governo. L’obiettivo su cui si sta ragionando è il continuare a raccontare ai cittadini quello che succede, sollecitando la loro partecipazione.

A proposito di trasparenza, saranno rendicontate le spese della campagna elettorale?
Marino ha già fatto un bollettino delle spese con un bilancio provvisorio durante le primarie, certamente renderà noto anche quello definitivo.

Abbiamo letto la presentazione della sua giunta tramite la diretta su Twitter. Com’è il suo rapporto con i social network? È lui a utilizzarli direttamente o il suo staff?
È una gestione mista. L’account @ignaziomarino è gestito direttamente da lui o comunque sotto la sua stretta supervisione. L’account del comitato è seguito da quattro, cinque persone alternativamente e da un gruppo di volontari digitali. I suoi profili hanno incrementato notevolmente le visite in questi mesi e hanno inciso nel creare il rapporto diretto con i cittadini che vuole il sindaco.

Le cose che le rimarranno di questa campagna?
Molte cose mi rimarranno ma sono molto contento soprattutto della applicazione che ha permesso di segnalare i problemi o le idee alle persone, ne sono arrivate a centinaia. La campagna “Quello che fa un sindaco” che ha coinvolto i romani e non solo a dire la loro. E poi il lavoro di micro e geo targeting che ha permesso di suddividere Roma in microterritori, capire le abitudini di voto e intensificare la campagna dove non aveva attecchito. Alla fine ha funzionato, no?



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