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Il DDL Mucchetti/Zanda, modalità sbagliate per una proposta non indecente

In queste ore si è parlato molto del DDL Mucchetti/Zanda relativo alla modifica delle norme per l’ineleggibilità degli eletti.

Alcuni dicono sia una nuova forma di persecuzione per Silvio Berlusconi e per l’intera sua progenie, altri parlano di una salvacondotto .

Ho maturato una mia idea su questo tema, soprattutto dopo aver letto la versione originale della legge del 1957 e la proposta depositata il 20 giugno 2013 da Mucchetti e Zanda.

La parte interessante della proposta di legge è così spiegata:

“Al fine di assicurare senza equivoci  l’indipendenza e l’imparzialità nell’esercizio  delle funzioni degli eletti, il disegno di legge  prevede che le aree dove possono darsi casi  di incompatibilità vadano estese dalle sole   attività in rapporto contrattualistico con lo  Stato, individuate dal testo unico del 1957,  alle attività sottoposte a regolazione specifica. In questo quadro di crescente liberalizzazione dell’economia, non ha più senso la  franchigia concessa a suo tempo alle società  cooperative e ai loro esponenti.

Del resto, la  cooperazione ormai esprime imprese di grande dimensione che partecipano all’economia di mercato e intrattengono rapporti rilevanti con le pubbliche amministrazioni.  Allo stesso modo, i casi di incompatibilità  vanno a loro volta estesi dagli esponenti e  dai consulenti delle imprese, che si trovino  nelle condizioni di cui sopra, agli azionisti  che abbiano il controllo di diritto o di fatto  o che esercitino il controllo, di diritto o di  fatto, in forma congiunta attraverso la partecipazione a patti di sindacato o ad altri accordi.

Il disegno di legge prevede che la situazione di conflitto d’interessi di eletti, che  siano anche azionisti di controllo, non dia  luogo all’immediata decadenza dal mandato  parlamentare, ma determini una situazione  di incompatibilità. In tal modo, si offre ancora la scelta tra il restare parlamentare, rimuovendo in radice la causa di incompatibilità, e il rinunciare al mandato, salvaguardando la propria posizione di azionista.

Per  rimuovere la causa di incompatibilità, l’azionista di controllo eletto parlamentare deve conferire entro trenta giorni ad un soggetto  non controllato né collegato il mandato irrevocabile a vendere entro trecentosessantacinque giorni le partecipazioni azionarie di cui  sopra a soggetti terzi, ossia a soggetti senza  rapporti azionari né professionali con il venditore e comunque a soggetti diversi dal coniuge, dal convivente more uxorio e dai parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo grado, nonché a soggetti diversi dagli  amministratori delle società.

I due termini di  trenta e di trecentosessantacinque giorni devono intendersi come perentori. Per rimozione in radice si intende la vendita della partecipazione di controllo, giacché la sua devoluzione a un blind trust elimina sì l’influenza del parlamentare nella  gestione aziendale, ma non la ben più grave  possibilità che il parlamentare pieghi la sua  opera a favore della società nella quale conserva il suo interesse patrimoniale.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato  provvede a svolgere l’istruttoria preliminare sulla condizione di incompatibilità e ad accertare che la vendita delle partecipazioni azionarie avvenga nelle modalità previste dal disegno di legge.”

Quello che non mi convince di questa proposta di legge è che non c’è affatto bisogno di modificare il concetto di “ineleggibilità” e trasformarlo in “incompatibilità”. Così come non c’è motivo di estendere ad un anno il periodo in cui l’eletto “illecito” può decidere se fare il politico o l’azionista.

L’ineleggibilità si conosce a priori, è specificato a chiare lettere nella legge del 1957. L’osservazione di Mucchetti e Zanda circa i tempi mutati è corretta. Non è logico che siano esclusi da questa lista gli azionisti di maggioranza che, pur non avendo ruoli formali eleggono i presidenti, gli AD e i manager. E che ricavano profitto.

A questa “illogicità” però non deve seguire un “buonismo” inutile specialmente ora che è in discussione il ruolo di Silvio Berlusconi. Questo per due ragioni: 1) perché si può pensare ad un attacco ad personam, 2) perché si può pensare ad un aiuto ad personam.

Inopportunità nei tempi di presentazione di questa legge, che se fosse stata presentata 10 anni fa non avrebbe avuto una risonanza così forte, ma fatta oggi (o il 20 giugno, non cambia nulla) è quantomeno inopportuna.

La modifica alla legge del 1957 potrebbe riguarda allora solo il primo comma dell’articolo 10, a cui si aggiunge “azionisti di maggioranza” di imprese di un certo spessore economico (più di 100 milioni di euro all’anno per esempio) che hanno concessioni pubbliche.

Il testo dell’art.10 può poi restare invariato perché la legge del 1957 è assolutamente adeguata ai tempi attuali, forse più che non nel 1950 quando il Paese era povero e in ginocchio per gli effetti post-bellici.

Detto ciò, non c’è particolare gravità nel DDL in questione, ma sicuramente inopportunità politica, confusione come al solito, totale incapacità di comunicare e un eccesso di zelo nel modificare una legge che di per sé va benissimo così come è.

 



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