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Perché tra Israele e Palestina i problemi stanno per cominciare

Sono ripresi i negoziati tra Israele e Palestina. Anzi, sembra che siano riprese le conversazioni che precedono i dialoghi per la pace.

L’annuncio è stato fatto dal segretario di Stato americano, John Kerry, che si è impegnato in prima persona nella vicenda. E qualche risultato lo ha ottenuto: la settimana prossima si incontreranno a Washington la delegazione israeliana, guidata dal ministro Tzipi Livni e da Yitzhak Molko e quella palestinese con Saeb Erikat.

Il ruolo del capo della diplomazia degli Stati Uniti è stato decisivo per lo sblocco dei negoziati mediorientali. Secondo Janiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (Cipmo) “va dato atto a Kerry di aver gestito il suo compito con un grande senso della misura: mai forzando i toni e mai cercando gli effetti mediatici, ma sempre alla testarda ricerca del più piccolo spiraglio per andare avanti”.

Le richieste della Palestina

Va detto che i palestinesi sono stati soddisfatti in una delle richieste principali: la liberazione di 120 prigionieri in Israele prima degli Accordi di Oslo. Al gesto seguirà lo scarceramento di un altro centinaio di detenuti. 

“Netanyahu, per quanto riluttante, ne avrebbe accettato un rilascio a scaglioni, per evitare che i palestinesi abbandonino subito il negoziato una volta ottenuta la loro liberazione: un gesto di buona volontà, sottolineano gli israeliani, non il soddisfacimento di una precondizione”, ha spiegato Cingoli.

Le condizioni israeliane 

Sulle altre richieste, il direttore di Cipmo sostiene che c’è molta più attenzione dalla parte di Israele: “Il negoziato farebbe riferimento ai confini del ‘67, con possibili scambi territoriali, ma questa formulazione non impegnerebbe gli israeliani; verrebbe fatta menzione di uno Stato ebraico al fianco di quello palestinese, ma questa formulazione non impegnerebbe i palestinesi”.

Cingoli ha spiegato che, fino ad ora, sugli insediamenti non ci sarebbe un congelamento ufficiale ma continuerebbe il freno alle costruzioni fuori dei grandi blocchi e nella emissione di nuovi appalti pubblici.

Gli scontri nel governo

Bisogna ricordare che Naftali Bennett, ministro del Commercio, Industria e Lavoro e leader del Partito di destra israeliano Habayit Hayeudi, ha minacciato di uscire dal governo se il negoziato sarà basato sui confini del ‘67. Ma a bilanciare la questione è stata la leader dell’opposizione laburista, Shelly Yachimovich, che ha annunciato la sua disponibilità a rimpiazzarlo per aiutare la consecuzione dei negoziati.

Restano le tensioni

Nella vicenda del Medio Oriente, la più recente contraddizione è arrivata dall’Europa: la Commissione europea ha pubblicato venerdì la decisione che, a partire dal 2014, si escludono da finanziamenti, premi e contratti tutte le entità israeliane localizzate negli insediamenti.

“Le tensioni, comunque, restano forti, e l’annunciato ritorno al tavolo negoziale, la prossima settimana, non significa che i problemi siano risolti, anzi probabilmente essi stanno per cominciare”, ha detto Cingoli. Le trattative per la pace dureranno ancora mesi. Ma il rischio è una nuova presentazione dell’ammissione come membro a pieno titolo della Palestina.



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