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Perché Janet Napolitano lascia l’Homeland Security

Janet Napolitano si è dimessa oggi da Segretario a capo del Department of Homeland Security (DHS), l’istituzione incaricata di provvedere e coordinare la sicurezza interna americana voluta da George W. Bush dopo gli attacchi dell’11 settembre.

Immigrazione, controspionaggio, antiterrorismo, disastri ambientali e climatici, sicurezza cibernetica sono alcuni dei grandi titoli di impegno di questa struttura, che conta su circa 230mila dipendenti e un budget annuo di 60 miliardi di dollari. Nel network della sicurezza Usa un vero e proprio perno, con importanti proiezioni e scambi internazionali.

In cambio di questa poltrona, la due volte governatrice dell’Arizona è stata invitata a presiedere la University of California. E’ possibile che, di fronte alla tempesta mediatica del Datagate che ha come epicentro l’Nsa ma sfiora ovviamente tutti gli apparati americani, Napolitano abbia preferito una posizione in questo momento più tranquilla, anche se ugualmente importante.

Secondo il sito israeliano Debka, la vera ragione di questa scelta è la polemica in cui è stata coinvolta come strenua promotrice della riforma della legge sull’immigrazione, dopo gli attentati di Boston perpetrati da due immigrati. Una polemica che non accenna a scemare a Washington.
Si può anche ipotizzare un certo logorio, dopo quattro anni e mezzo al vertice di uno dei più importanti pilastri del governo americano.

Non si conoscono ancora i nomi dei possibili successori.

Si può notare che continua in questo modo il reshuffle “in rosa” ai vertici della politica di sicurezza americana. Dopo l’arrivo di Susan Rice al vertice del Consiglio di sicurezza nazionale, di Samantha Power alla rappresentanza Usa al Palazzo di Vetro, le dimissioni Hillary Clinton dal Dipartimento di Stato (per mete più ambiziose nel 2016, secondo i più), il passaggio di Janet Napolitano dai vertici del DHS alla presidenza dell’Università della California segnala la presenza di un nutrito gruppo di prestigiose leader nei gangli vitali dello Stato americano.

Foto: Reuters / Johnatan Ernst



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