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Biden lancia l’alleanza con l’India per l’era del Pacifico

Il discorso del vicepresidente americano Joe Biden alla Borsa di Mumbai del 24 luglio 2013 resterà probabilmente come una pietra miliare della storia strategica asiatica. Il fatto è stato già bene analizzato da Limes, nonché da Europa nei giorni scorsi.

Le caratteristiche, l’ampiezza, la portata ma anche i contenuti specifici dell’apertura a Nuova Delhi sono tali da far ritenere questo passaggio frutto di una lunga marcia di avvicinamento tra le due capitali, cui lo stesso Biden non è estraneo. Come presidente della Commissione esteri del senato l’attuale vicepresidente si è battuto per l’approvazione del trattato India-Usa sulle tecnologie nucleari del 2005, un complesso accordo-quadro che tuttavia non esaurisce (né è rappresentativo) degli orizzonti cooperativi strategici tra le due più popolose democrazie del mondo.

Nei termini di Biden e di Obama India e Stati Uniti insieme possono forgiare il futuro del Pacifico, e dunque del mondo. La visione dell’ India come potenza che guarda più ad Est, al Sud-Est asiatico e all’area degli Stretti che al vicino Pakistan e Afghanistan è l’espressione esterna di quello che il numero due della Casa Bianca definisce “interesse nazionale americano ad avere un’India potente, in crescita e dinamica”, sulla base di “regole non dettate da noi, ma dal mercato globale”.

Funzionale a questo progetto è l’apertura del mercato indiano nei settori delle tecnologie e delle infrastrutture, per ristrutturare le “catene del valore indiano”. Un’offerta in piena regola ad una classe dirigente orgogliosa della propria indipendenza, ma che ha anche bisogno di superare la frammentazione interna per sviluppare un’influenza pari alla sua base economico. E’ questo squilibrio il vero macigno che pesa sull’espressione internazionale dell’India come potenza unificata federale, come “Stati Uniti dell’Asia meridionale”.

Non tutti i capitoli della cooperazione sono fiorenti. Nelle critiche di Biden alle resistenze burocratiche “da Guerra Fredda” ad una più ampia intesa indostatunitense (per esempio in ambito militare) si può leggere l’implicita accusa a settori e correnti della classe dirigente legati alla tradizione neutralista e terzomondista. Non più forse maggioranza, ma comunque in grado di frenare ogni tentativo americano di utilizzare Nuova Delhi in funzione anticinese.

L’applauso più convinto al discorso di Biden è stato forse quello in cui il vicepresidente ha ricordato l’impegno ufficiale di Obama per garantire all’India un seggio permamente alle Nazioni Unite. Come dire, alleati sì, ma nell’indipendenza reciproca e nel rispetto del nazionalismo indiano, senza il quale nessun progetto egemonico di stabilizzazione del Pacifico è ormai possibile.


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