La Croazia è diventato ufficialmente il 28esimo Paese membro dell’Unione Europea. Un obiettivo raggiunto dopo 10 anni di difficili negoziati che hanno rischiato più volte di arenarsi e che ora si realizza fra tante speranze e qualche paura.
L’entrata nell’Europa di questo piccolo paese con poco più di 4 milioni di abitanti, indipendente dal 1991, viene vissuta con diffidenza da una parte della popolazione preoccupata soprattutto dalle conseguenze economiche. In recessione dal 2009 con un tasso di disoccupazione del 20% e un Pil inferiore del 39% rispetto alla media europea, la Croazia diventa uno degli Stati più poveri dell’Unione. Il presidente croato Ivo Josipovic però vede nell’Europa un’occasione per rialzarsi.
“L’adesione ci apre l’accesso a dei fondi importanti che dovrebbero aiutare l’economia croata a diventare più forte e più competitiva. A parte questo anche noi abbiamo delle cose da offrire all’Europa. In alcuni campi, come il turismo ad esempio, siamo messi molto bene, non andiamo male in tutti i settori”.
Il turismo infatti è la grande forza della Croazia. Il clima mediterraneo, le coste e le isole hanno attirato nel 2012 quasi 12 milioni di turisti, fra cui molti italiani. “Sarà un’enorme operazione di marketing che darà al Paese più visibilità – dice Zeljko Miletic, presidente dell’associazione albergatori di Dubrovnic – Siamo già una meta sicura, ma l’adesione dà ancora più sicurezza ai turisti europei, e per loro è un elemento importante”. La Croazia diventa anche porta d’entrata in Europa per i paesi balcanici e sentinella dell’Unione lungo i 1.300 chilometri di frontiera con Bosnia, Serbia e Montenegro, rotta anche di traffici illegali contro cui la Croazia si è attrezzata spendendo milioni di euro per rafforzare i propri posti di controllo. Proprio mentre dalla parte opposta si levano dogane e si aprono i confini.