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L’Alto Adige e lo sconcio della lingua italiana vietata in Italia

Questo commento è stato pubblicato oggi su Il Tempo.

Nel più imbarazzato silenzio verso l’opinione pubblica, rischia di consumarsi un atto politico che finirebbe nei manuali di diritto pubblico per la vergogna: impedire alla Corte costituzionale di difendere la Costituzione.

Evitare che i custodi della Carta facciano valere una legge costituzionale che impone l’obbligo del bilinguismo nella toponomastica italiano-tedesca dell’Alto Adige, e che ammonisce: “L’italiano è la lingua ufficiale dello Stato”. Sorvolando, inoltre, sulla violazione dell’accordo De Gasperi-Gruber all’origine dell’autonomia bilingue nel Trentino-Alto Adige.

Si parla di nomi italiani che da quasi un secolo appartengono all’Italia. Si vorrebbe sradicarli in barba alle leggi, alla storia, alla volontà degli italiani: chissenefrega di loro.

In ballo c’è una legge approvata l’anno scorso dal Consiglio provinciale di Bolzano con i soli voti della Svp e del Pd locale, partito che condivise l’abominio del suo alleato-Golia in giunta. Tutti i consiglieri di lingua italiana e inter-etnici s’opposero. Che fosse un abominio giuridico, non lo dico io, ma lo capì subito il governo-Monti, presentando un ricorso rigoroso e documentato davanti alla Consulta per bloccare il via libera alla cancellazione dei nomi di luogo nella dizione italiana.

Quel ricorso finalmente si discuterà ai primi di ottobre. E qui comincia la vergogna. Anziché consentire alla Corte di sentenziare che nessuno può permettersi l’angheria di eliminare una parte del patrimonio culturale e linguistico della nazione dal suo territorio, e meno che mai la forma italiana ufficiale dei nomi, i sostenitori del tentativo ora pretendono un “tavolo di trattative” tra Roma e Bolzano per attenuare le più lampanti violazioni della legge provinciale e fornire così l’alibi al governo-Letta per ritirare l’impugnativa davanti alla Consulta.

Non più l’evidente ghigliottina d’oggi, ma l’uso più graduale e misericordioso delle forbicine, con qualche contentino bilingue qua e là. Perciò rivolgo un appello al Quirinale. E alla Farnesina, dove si conosce la valenza dell’accordo De Gasperi-Gruber. E ai funzionari e alti dirigenti dei ministeri capaci di dire “Signornò!” a richieste irricevibili. E agli intellettuali d’ogni lingua, ai ministri che non si fanno ricattare dalla piccola politica, a chi ama la pluralità di nomi e di storie.

L’appello è che la Corte costituzionale si pronunci sul diritto non negoziabile della libertà di parola in Alto Adige, come ovunque nel mondo. Vietare l’italiano in Italia, è l’incredibile posta in gioco.

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