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L’austerità è controproducente

Il momento giusto per l´austerità al Tesoro è l´espansione, non la recessione” – John Maynard Keynes, Lettera al Presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt, 1937

“Se si ignora il problema della crescita il gettito fiscale dello Stato diminuirà e la situazione peggiorerà”.
A seguito della crisi, in Europa è passata l’idea che l’austerità possa essere “espansiva”. In particolare in Italia questa tesi è stata sostenuta da economisti neoliberisti come Alesina e Giavazzi.

In Europa la Germania e la Bce sono state in prima linea nel sostenere tale tesi. Ma come è davanti agli occhi di tutti, e come si rileva dai dati economici dei paesi costretti all’austerità (Spagna, Irlanda, Italia e Grecia), queste politiche stanno peggiorando la situazione. Su questo punto sono ormai in maggioranza gli economisti secondo i quali l’austerità porterà a una più rapida recessione. Lo stesso declassamento dei paesi periferici dell’Eurozona e della Francia, operato da Standard and Poor’s, è stato motivato con l’eccesso di austerità imposto dalla Germania al resto d’Europa.

Difatti le politiche di austerità riducono il reddito nazionale, con il risultato che lo Stato potrebbe ricevere meno gettito del previsto dalle imposte. Quando ciò accade, lo Stato non riuscirà a ripagare il debito pubblico che, nel frattempo, diventerà insopportabile rispetto al PIL decrescente. L’esatto opposto di quanto si voleva ottenere. È in effetti ciò che sta accadendo all’Irlanda e ad altri paesi periferici dell’Europa. La situazione europea rischia quindi di aggravarsi con l’inasprimento delle politiche restrittive attraverso i nuovi accordi (il cosiddetto “fiscal compact”) che impongono strettissimi limiti alla spesa pubblica.

Se guardiamo invece agli Stati Uniti la situazione è ribaltata: il presidente Obama ha attuato un piano di spesa pubblica nel tentativo di far ripartire la crescita.



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