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Le domande senza risposta del governo del “non fare”

“Quest’anno però certamente – ha sottolineato il Presidente Giorgio Napolitano – non ci si può attendere che io tracci un qualche bilancio del periodo trascorso dall’incontro con voi del luglio 2012. Perché è stato un periodo tra i più intensi e inquieti nella storia politica e istituzionale dell’Italia repubblicana, per il succedersi di eventi straordinari, di svolte, di momenti di tensione e perfino di rischi di paralisi, nella vita pubblica, senza precedenti. Quel che comunque è rimasto sempre incombente e che deve anche oggi avere il primo posto nella nostra attenzione collettiva, quel che costituisce sempre il punto di riferimento fondamentale per le istituzioni e per le forze politiche e sociali, è la criticità delle condizioni economiche e sociali del nostro paese, la serietà delle incognite con cui ci confrontiamo”.

Riusciremo ad allentare presto e quindi a superare una crisi finanziaria e una recessione che in questi anni hanno fatto regredire la nostra economia e il tenore di vita di larghi strati della popolazione? Crisi finanziaria e recessione sono, come sappiamo, fenomeni europei, che toccano ormai anche Paesi più avanzati ed efficienti del nostro e che non sono separabili da profondi cambiamenti, tra non lievi alti e bassi, sul piano mondiale. Europeo, come finalmente si è riconosciuto, nella sua complessità e nella sua impellenza, è il fenomeno della crescente disoccupazione giovanile. Riusciremo a darvi risposte in Italia e in Europa? Riusciremo a portare via via il nostro sistema produttivo e insieme il nostro sistema istituzionale, il nostro assetto di governo e i nostri meccanismi amministrativi all’altezza di sfide che espongono l’Italia a un serio pericolo di declino?

Sono queste le domande e le esigenze di fondo cui deve rapportarsi ogni discorso sulle opzioni politiche di cui quotidianamente discutiamo, e su cui anche lei, gentile Presidente Sardoni, mi ha or ora interrogato”. A tal proposito il Capo dello Stato ha rilevato:

“la premessa, nell’aprile scorso, era dare al paese un governo, non lasciarlo scivolare verso convulsioni destabilizzanti, nell’impotenza perfino di aver voce nel decisivo concerto europeo. Una voce che invece si è sentita, nei due mesi e mezzo trascorsi dalla formazione del governo Letta, con riconoscimenti e apprezzamenti per la capacità d’iniziativa e di proposta espressa dal Presidente del Consiglio, attraverso una ricca rete di passi, di incontri, di confronti in sedi europee e internazionali. Lo si può forse seriamente negare? Si può mettere a repentaglio la continuità di questo governo, impegnato in un programma di attività ben definito, senza offrire pesanti ragioni ai più malevoli e anche interessati critici e detrattori del nostro Paese, pronti a proclamare l’ingovernabilità e inaffidabilità dell’Italia? I contraccolpi a nostro danno, nelle relazioni internazionali e nei mercati finanziari, si vedrebbero subito e potrebbero risultare irrecuperabili”.

“Si fa affidamento, in particolare, sullo sblocco dei pagamenti alle imprese dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche. Ma l’avvertimento finale riguarda i rischi che sui mercati finanziari corre ancora l’Italia, sensibile – per via dell’alto debito pubblico e di deboli prospettive di crescita – “alle variazioni” – si sottolinea – “del clima di fiducia degli investitori”, condizionato anche dalle valutazioni degli analisti. Inutile dire come il clima di fiducia verso l’Italia possa variare positivamente in presenza di una valida azione di governo e di un concreto processo di riforme su ampie basi di consenso parlamentare, e come esso potrebbe invece peggiorare anche bruscamente dinanzi a una nuova destabilizzazione del quadro politico italiano. È perciò indispensabile, nell’interesse generale, proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta, sul piano della politica economica, finanziaria, sociale, dell’iniziativa europea, e insieme del ‘crono-programma’ di 18 mesi per le riforme istituzionali, già partito anche in Parlamento col primo voto sulla legge costituzionale che ne faciliterà il percorso. Proseguire con maggiore e non minore coesione, sapendo che esitazioni da un lato o forzature dall’altro, esibite polemicamente, possono far sfuggire al controllo delle stesse forze di maggioranza la situazione. E allora si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie, come quella tra vicende giudiziarie dell’on. Berlusconi e prospettive di vita dell’attuale governo. Dovrebbe riconoscersi che è interesse comune affidarsi con rispetto – senza pressioni né in un senso né nell’altro – alle decisioni della Corte di Cassazione, e affidarsi correttamente – chi ha da difendersi – all’esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa. Anche al di là dei casi della giustizia, qualsiasi appello, rivolto politicamente in tutte le direzioni, ad abbassare i toni, ad abbandonare le posizioni “urlate”, a confrontarsi più pacatamente, va preso sul serio e può riuscire utile”.



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