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L’uso strumentale della religione e l’indifferenza di troppi cattolici

Il 5 maggio del 2010, con l’amico e collega don Paolo Asolan pubblicammo un articolo per “Il Riformista”, nel quale, a partire dalla riflessione critica su alcuni articoli del professor Massimo Introvigne, ci assumemmo la responsabilità di evidenziare il carattere strumentale del ricorso all’argomento religioso da parte dei leghisti. Oggi, anche alla luce dell’ennesima esternazione xenofoba da parte di un esponente di spicco del partito leghista, nonchè vice presidente del Senato della Repubblica, e il richiamo di don Sciortino, direttore di “Famiglia Cristiana”, ai cattolici che in questi ultimi anni hanno ingoiato le peggiori nefandezze, abbiamo pensato di riproporre quell’articolo. Crediamo che sia anche un modo per sostenere l’impegno di Papa Francesco per una Chiesa più vicina alle donne e a gli uomini di periferia e mai doma contro ogni forma di indifferentismo.

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Esistono motivi per ritenere che l’attenzione dedicata dalla Lega alla religione cattolica non sia genuina né disinteressata, ma espressione di una debolezza che appare invincibile a più livelli (antropologico, morale, di cultura politica)? È cosa sana o anch’esso elemento di debolezza che la chiesa cattolica accetti di essere difesa e sostenuta (o, all’opposto, vituperata e contestata) da chi, come chiaramente afferma Introvigne, non troppi anni fa, incitava “i popoli del Nord” al protestantesimo (contro la chiesa di Roma: “potremmo suggerire a tanti cittadini del Nord Italia di non guardare più a Roma, nemmeno per la religione. Ma di guardare […] ai civilissimi Paesi protestanti che credono in Dio e in Gesù Cristo ma non riconoscono l’autorità del papato”) e al panteismo (contro “il Dio che ci raccontano a catechismo”: “Io ci credo, in Dio. È un Dio che sta dovunque, nell’acqua e nel fuoco, nell’aria che respiriamo. Come diceva Eraclito […] Penso che il mio sia una specie di panteismo” (U. Bossi con D. Vimercati, Vento del nord, Milano 1992)?

È proprio inspiegabile o invisibile il passaggio evidentemente avvenuto nella Lega – stando alla terminologia inaugurata dalle tesi sulla religione civile di Bellah – dal sospetto verso il ruolo pubblico e sociale della religione (“i preti stiano nelle loro chiese […] lascino stare la politica”, cfr. supra) alla politica religiosa?

Una prima, approssimativa, verifica della cattolicità della Lega potrebbe consistere nel comparare le posizioni espresse dagli esponenti della Lega circa i temi sociali, politici o culturali, con il dettato di fede e di ragione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Questo primo passo, in sé facile da compiere, è reso invece difficile dall’assenza (nella Lega) di un vero e proprio testo scritto analogo a ciò che il Compendio è per un cattolico. Il che significa quantomeno non teorizzazione o dichiarazione esplicita/previa di tutti quegli elementi che pre-vengono gli obiettivi da raggiungere con gli strumenti della politica: chi è l’uomo, in che rapporto sta con gli altri uomini, cos’è e a cosa serve il lavoro, il senso della proprietà, la destinazione ultima della vita umana, il significato dell’unione uomo-donna, i caratteri dell’educazione, il rapporto verità/libertà…

In questo senso, esistono delle analogie inquietanti non solo per quel che riguarda l’armamentario delle camicie colorate (nera o bruna ieri, verde oggi), del sole preso a simbolo (uncinato ieri, padano oggi), dei riferimenti mitologici (le saghe nordiche e l’ideologia castale indù ieri, le radici celtiche e il dio Eridano oggi), del culto della personalità del capo carismatico, ma anche per ciò che fu la spinta iniziale almeno del movimento fascista: l’idea dell’azione.

Nonostante Bottai e Gentile, è innegabile che l’elaborazione di una dottrina politica fascista sia stata consecutiva all’agire concreto, che invece si presentò come il dato primo. All’interno di tale “attivismo” (cfr. Bellah, Le cinque religioni dell’Italia moderna, p. 455) i filosofi organici elucidarono successivamente l’antropologia, la dottrina dello Stato, il modello educativo, il rapporto con la religione cattolica. Non poteva che essere così: tra teoria è prassi corre un rapporto di reciprocità dialettica.

E così sembra accadere nella Lega: le sue posizioni teoriche (anche riguardo la religione) sono mutate e variano a seconda che l’agire concreto apra di volta in volta campi di azione nuovi, per i quali occorrano nuovi strumenti di lotta politica e una più complessa interpretazione del reale. Ne consegue, perciò, l’impressione di un uso strumentale e disinvolto della religione cattolica: religio instrumentum regni. Ne è esempio la questione dell’Islam: poiché ci si trova qui di fronte non soltanto a un’unica nazionalità straniera alla quale contrapporsi, e neppure a una diversa regione italiana di provenienza da disprezzare, ma a una religione, urge una religione da contrapporre, che abbia però – e questa è la novità rispetto al panteismo primordiale di Bossi – un corpus organico di dottrina, culto e morale, e che dunque possa reggere l’urto che viceversa una religione soggettiva o privatistica non può certo sperare di sostenere.

Tale uso strumentale è anche giocoforza parziale, perché quel che interessa alla Lega non pare essere la totalità del cristianesimo o della Dottrina sociale della Chiesa, né tantomeno l’adesione alla persona di Gesù Cristo Figlio di Dio: ma soltanto alcuni elementi che – sedimentatisi, o comunque presenti, nell’ethos collettivo dei suoi elettori – intercettano consenso e voto popolare. Tale consenso non riguarda, prevedibilmente, aspetti esigenti della fede cristiana (fedeltà matrimoniale, correttezza fiscale, assoluto rispetto del prossimo) o l’unità anima/corpo presupposta dal cristianesimo (inseparabilità della dimensione spirituale della fede dalla sua espressione storica, sociale e culturale).

In questo senso, la forma della fede protestante che seleziona secondo una libera interpretazione ciò che vale la pena credere senza sottostare necessariamente a un unico magistero vincolante o a una dottrina morale condivisa, pare effettivamente corrispondere al tipo di rapporto intrattenuto con la religione sostenuto dal movimento leghista. In questo senso, la Lega non è affatto “cattolica”, né pare difendere la forma cattolica della fede.

Le tanto spesso evocate “paure” degli elettori della Lega (confuse talora moralisticamente e sbrigativamente con il razzismo e l’egoismo) sono in realtà le paure dei parlamentari e degli amministratori leghisti, i quali non trovano di meglio e di più sicuro nel confronto con le novità che tenersi saldamente aggrappati a quel che già sono, sanno e hanno.

Non sono magari cristiani tutti d’un pezzo, elitari, ma certamente uomini e donne che sono stati battezzati e che (specialmente in mezzo agli impicci e ai problemi) si ricordano che Dio esiste ed è più grande di loro e magari potrebbe anche aiutarli. Non sono cioè ostili alla religione cattolica fintantoché questa va d’accordo con loro e sostiene le loro rivendicazioni. Nel momento in cui la fede esprime un’istanza di critica o di conversione della vita, allora le cose cambiano.

In questo senso il modello di rapporto religione/politica inseguito dalla Lega è più un adattamento di vecchi schemi (o il perdurare di quegli schemi) che la proposta di un modello nuovo, effettivamente congruente con le sfide e la congiuntura attuale, elaborato considerando elementi di novità (globalizzazione, flussi migratori, emergenza di nuovi paesi leader come la Cina o l’India, crollo delle ideologie, crisi delle religioni di Chiesa, diffusa insufficienza educativa) sconosciuti fino a quarant’anni fa.

Nell’immediato l’adattamento produce innegabili risultati, ma presenterà il conto sul lungo periodo, rivelandosi incapace di progettare e di governare davvero una società dove i vecchi schemi risulteranno magari non cattivi, ma inservibili.

Infine, proprio perché è azione prima che teoria e/o ideologia, la Lega riesce molto bene nell’agire tipico dell’amministrazione comunale o locale in genere, dove l’azione può essere implementata direttamente e non soltanto pianificata o progettata secondo indirizzi generali (come deve fare un governo nazionale o europeo). Il pragmatismo rivendicato (e i successi conseguiti nel territorio) è effettivamente una virtù riconosciuta e apprezzata, figlia di questo rapporto sbilanciato tra teoria e prassi.

Questo radicamento territoriale appare talora figlio di un’infiltrazione nella rete delle parrocchie: tutti (o quasi) gli amministratori leghisti partecipano alle sagre o ne creano di secolarizzate, venerano il patrono e la storia locali, finanziano restauri delle chiese e dei musei di arte sacra, chiedono la benedizione della scuola o dell’ufficio comunale da inaugurare al parroco o al vescovo. Spesso offrendo gratuito sostegno logistico e coinvolgendo nelle proprie attività la gente delle parrocchie, la Lega svuota da dentro la struttura organizzativa e capillare della chiesa, affiancandosi fino a sostituirsi ad essa in quanto struttura creatrice di simboli e di appartenenza.

Ma non sarà che tanta passione per il Crocifisso e per il presepio fanno lo stesso gioco: usando preoccupazioni, parole e argomenti affini a quelli cristiani, la Lega vuole in realtà allontanare il popolo dalla Chiesa?

Tale modesta riflessione sulla questione politica settentrionale a margine della pretesa egemonia culturale leghista invita noi del Centro Studi Tocqueville-Acton ad interrogarci sul rinnovato problema politico dei cattolici, che va ben oltre la questione delle alleanze, ma investe la capacità del variegato mondo cattolico di rappresentare un fermento vivo nella società civile, promuovendo una cultura della vita, della libertà e della solidarietà.

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Papa Francesco sta andando in questa direzione e noi, “Bomba o non bomba”, siamo intenzionati a seguirlo. Nel 2010 fummo bacchettati per questa analisi, ci sentimmo anche un po’ soli e ci apparve lampante quanto don Sciortino ha denunciato appena pochi giorni fa, circa alcuni cattolici silenti e compiacenti. Allora eravamo in prima linea a denunciare l’uso strumentale dell’argomento religioso da parte della Lega, per questa ragione, oggi le esternazioni di Calderoli non ci sorprendono, benché ci indignino e continuino a scandalizzarci.



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