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Lussemburgo, il caso di spionaggio che ha fatto dimettere il premier Juncker

Il premier di Lussemburgo, Jean-Claude Juncker (nella foto), si è dimesso ieri sera dopo 18 anni al potere. Dopo che sono state sollevate alcune irregolarità nei servizi segreti, Juncker ha presentato le sue dimissioni al Parlamento. Nel mirino. alcune intercettazioni tra Juncker e il capo di Stato, il duca Enrico.

Nel primo pomeriggio di ieri Juncker ha detto che non avrebbe ceduto alle pressioni. “Se sudo non è perché ho paura ma perché fa caldo”, avevo detto il premier ai deputati che hanno criticato la sua gestione nei servizi segreti. Ma alla fine della giornata la situazione è cambiata.

La legislazione di Lussemburgo prevede che il premier ha la massima responsabilità dell’intelligence del Paese. Per questo motivo Juncker è passato da “vittima” delle intercettazioni (è stato anche lui ascoltato in modo irregolare) a colpevole per non averle individuato e comunicato in tempo il contenuto.

Il futuro politico di Juncker

“Abbiamo organizzato una riunione di governo e dopo presenterò le mie dimissioni al gran duca”, ha detto ieri Juncker. Così, le elezioni che erano previste per maggio del 2014, saranno anticipate a ottobre.

Oltre ad avere il record europeo di più anni al potere, Juncker è conosciuto nell’Unione europea perché ha anche guidato fino a gennaio del 2013 (per otto anni), l’Eurogruppo, proprio durante la crisi economica della regione.

Le dimissioni di Juncker hanno aperto gli interrogativi sul suo futuro politico. Non si sa se si presenterà alle elezioni come aveva anticipato, prima dello scandalo, o se lascerà il testimone ad un altro membro del partito di centrodestra Csv.

Il caso delle intercettazioni

Il Parlamento di Lussemburgo studiava un rapporto chiamato Srel con accuse contro il servizio di intelligence. C’erano intercettazioni illegali con politici coinvolti e informazioni sull’acquisto di automobili pubbliche per uso privato e nomine pubbliche in cambio di favori personali e soldi.

Tutti i membri della commissioni d’inchiesta, tranne quelli del partito di Juncker, erano a favore del rapporto, che sottolineava le irregolarità dell’inchiesta.

Ora il principale colpevole è il premier, come massimo responsabile del servizio di intelligence e per non avere informato alla commissioni sulle irregolarità del servizio. Juncker si difende dicendo che poteva esserci un controllo senza intermediari e non c’è stato.

Il Parlamento di Lussemburgo è riuscito dove a le forze politiche – attraverso le elezioni – sono falliti in 18 anni: mandare a Juncker a casa.

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