L’ultimo attacco al sistema Italia è arrivato ieri, da una voce che rappresenta il Paese e la sua immagine nel mondo: Sergio Marchionne, l’ad di Fiat che ottiene oggi l’ok dalla Corte del Delaware per l’acquisto delle quote di Chrysler dal fondo sindacale Veba. Il mercato di riferimento del Lingotto non è più l’Europa, anche se i brand legati al lusso e al lifestyle italiano, come nel caso di Alfa Romeo, Ferrari e Maserati, restano fondamentali. Un aspetto che vale, in un settore tutto diverso, anche per la regina mondiale dell’ottica, l’italianissima Luxottica.
Ed è Andrea Guerra, l’ad del gruppo che conta ricavi in crescita del 7,6% nel secondo trimestre del 2013 rispetto all’anno precedente, a spiegare l’importanza dei mercati emergenti, del brand, del rapporto emozionale che la società instaura con i clienti. Guerra non accenna ai prossimi investimenti in Italia, ma sottolinea le difficoltà che un gruppo incontra lavorandoci. Burocrazia, fisco, rigidità del marcato del lavoro, quelle che si evidenziano più spesso. Ma nessun attacco paragonabile a quello di ieri di Marchionne. “Se le condizioni in Italia restano come quelle attuali, è impossibile gestire bene le relazioni industriali e quindi, anche se ci impegnassimo sugli investimenti, sarebbe un impegno a vuoto”, ha ribadito ieri l’ad del Lingotto.
L’Italia lontana dai competitor per competitività
Che l’Italia non sia il Paese d’oro per domanda e condizioni è evidente, anche nel confronto con le potenzialità degli Emergenti. Il rapporto Doing Business 2013 della Banca Mondiale che ogni anno misura la facilità di fare impresa nelle diverse economie piazza l’Italia solo al 73esimo posto, a distanza dai nostri competitor europei e non solo. Con un total tax rate del 68,3% del Pil, due punti e mezzo in più della Francia e oltre 20 sopra la Germania. Il credit crunch italiano non aiuta, e non per ultimo, bisogna considerare anche il peso degli oneri burocratici, quantificato in 31 miliardi e che dovrebbe ridursi di un 25% solo entro il 2020. Qualche pezzo per mettere insieme il puzzle: nel 2012 il flusso degli investimenti diretti esteri in Italia è crollato del 70%, passando, nel giro di 12 mesi, da 34 a 10 miliardi.
Le potenzialità degli Emergenti per Luxottica
Che puntare altrove sia più facile e più redditizio non è una novità. “Il mercato cinese – spiega Guerra in un’intervista al Wall Street Journal – è tutto da scoprire, con consumatori che cercano nuovi trend ogni giorno. E, in Cina, fino a cinque anni fa, gli occhiali da sole non esistevano nemmeno, mentre ora stanno guadagnando terreno”. I mercati più importanti “per noi sono Brasile, Turchia, India e Cina. E l’ordine con cui li ho citati non è casuale. Il Brasile è infatti la nostra priorità assoluta. La Cina è un mercato crescente, ma ancora troppo piccolo per noi”, spiega Guerra, 48 anni.
Brand e retail
“I fattori che guidano le nostre acquisizioni – prosegue Guerra – sono i marchi e la geografia”, cioè brand e mercati, quello che spinge, in un settore tutto diverso, anche Fiat. “Guardiamo ai brand mondiali, di alto valore, di cui non abbiamo equivalenti nel nostro portafoglio. E sul settore retail, teniamo d’occhio aree con forti potenzialità, come l’America Latina, il Sud Est asiatico e gli altri Emergenti”, è la logica di Guerra.
I nodi delle imprese italiane
Cosa spinge le vendite e la redditività di Luxottica? “Prima di tutto operiamo in un settore relativamente giovane e beneficiamo quindi di un mercato crescente a livello mondiale. Inoltre, abbiamo creato prodotti e marchi molto forti, in grado di creare un rapporto emozionale con il cliente. E i brand sono molto più importanti oggi di 10 o 15 anni fa”. E l’Italia? Perché sempre più imprese italiane vengono assorbite da gruppi stranieri? “Molte società italiane affrontano sfide interne ed esterne, quest’ultime a causa delle difficili condizioni economiche nel Paese. Alcune di loro, spesso guidate dai loro stessi fondatori, sono perplessi sul loro futuro, a rischio a causa dell’instabilità generale e della debolezza interna. E senza risposte adeguate su come affrontare questo problema. Il vero problema è che le società straniere sono in una condizione molto diversa da quelle italiane. Hanno già attraversato la fase della prima generazione e sono già più aperte, più forti e più organizzate”.
Ottica e automotive non sono settori industriali paragonabili. Ma hanno a che fare con le malattie storiche di un’Italia sempre più debole nel quadro internazionale. D’altra parte Fiat e Luxottica, nomi forti del Made in Italy, dovrebbero conoscere bene i punti di forza dell’industria italiana. Quantomeno, il colosso degli occhiali lo sa già. Senza pretese e senza astio.