In Italia sono circa 10 mila le minorenni che ogni anno restano incinte. Di queste meno della metà si proietta direttamente dai banchi di scuola alla sala parto, diventando una baby-mamma. Per quasi 6 su 10, infatti, il peso di una maternità così precoce e l’ambiente ostile le induce ad abortire. Il fenomeno delle madri-bambine in Italia è diffuso soprattutto al Sud, ma anche nelle periferie delle grandi città.
L’aborto fra le minorenni nella regione Lazio
L’incidenza dell’IVG nel Lazio, come in tutte le altre regioni, è andata aumentando fino al 1982, anno in cui si sono registrati 26.350 “interventi”, pari a un tasso di abortività di 20,6 per 1000 donne in età 15-49 anni e a un rapporto di abortività di 324,5 per 1000 nati vivi. Da allora si è osservata una diminuzione fino a metà degli anni novanta, arrivando a 14.789 effettuate nel 1995 (valore minimo raggiunto), seguita da una tendenza alla stabilizzazione.
Considerando le IVG effettuate in regione, le donne residenti a Roma sono quelle con tassi di abortività più elevati di circa il 30% rispetto alle residenti a Latina, Rieti, Frosinone e Viterbo.
L’osservatorio dei Centri di Aiuto alla Vita ed il premio “Mamma a scuola” a Tivoli (Roma)
Anche da quegli osservatori diretti sul campo che sono i Centri di Aiuto alla Vita (CAV), ci si rende sempre più conto di quanto lo spettro dell’aborto si agiti nella mente delle adolescenti e giovani italiane, anche studentesse delle scuole medie e superiori. Ma dove c’è l’appoggio morale delle famiglie e della comunità, magari dopo i primi momenti di crisi e disorientamento, facilmente queste giovani mamme trovano energie ed entusiasmo per trasformare quel che sembra uno sbaglio o un incidente in un’opportunità, e spesso si crea intorno a loro una rete di sostegno che ha come protagonisti e iniziatori proprio professori ed il personale scolastico.
E’ il caso di una scuola in provincia di Roma, l’istituto statale “L. Spallanzani” di Tivoli, nel quale grazie alla sensibilità e creatività della vicepreside, la prof.ssa Giusi Di Gennaro, è nata la prima edizione del Premio “Mamma a scuola”, in collaborazione col CAV di Roma Palatino, pensato per riconoscere e premiare il particolare impegno di una di queste giovanissime mamme che hanno scelto la vita. La docente che ha seguita la prima premiata più da vicino, la prof.ssa Annamaria Usai, ha quindi potuto consegnare il 2 luglio scorso, dalle mani della presidente del CAV Palatino, Anna Spurio Consoli, il riconoscimento a Ilenia F., madre di Giacomo, proprio nel giorno in cui la neo-mamma ha terminato gli esami di maturità.
Appena concluso il colloquio orale dell’Esame di Stato, infatti, ad Ilenia sono stati consegnati una pergamena e un cesto di doni per il suo bimbo, al fine di valorizzarne ed additarne a compagni e concittadini la testimonianza di coraggio e amore alla vita. Una vicenda, quella di Ilenia, che dimostra come il coraggio e l’aiuto offerto nel giusto modo inducano a superare ogni difficoltà della gravidanza, aprendo ad uno sguardo sulla vita nascente come dono d’amore e speranza, anche se arrivata in modo inaspettato. Alla presenza e con l’incoraggiamento della Commissione d’Esami al completo, il cui Presidente, prof. Francesco Colosi, ha voluto personalmente onorare con un omaggio floreale la studentessa, Ilenia ha ricevuto un riconoscimento dall’Associazione Culturale “Lolek”, sezione “Donne del Mattino”.
Genitori tagliati fuori negli aborti dei figli minori
Il premio consegnato a Tivoli assume un particolare significato a 35 anni dall’approvazione in Italia della legge 194/1978, ipocritamente denominata “Norme per la tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”, che permette a qualsiasi donna di richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Per le minorenni, l’articolo 12 della legge 194 prevede che, ai fini dell’IVG, sia «richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela». Quando però «vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela […], il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, […] rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza». Il provvedimento del giudice tutelare decide dunque nel caso concreto autorizzando, se del caso, la minorenne a procedere all’aborto.
Minorenni, aborto e giudici
Stando all’annuale Relazione al Parlamento sull’IVG, nel 2009 sono state ben 1.184 gli aborti di minorenni autorizzati dai magistrati italiani. Tale tendenza è stata giustamente definita «Di preoccupanti dimensioni» nella Relazione sull’attuazione della legge concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza trasmessa nell’aprile 2009 alla Camera dei Deputati dall’allora Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Tale “grido nel deserto” assume particolare rilevanza alla luce del fatto che, sempre più, i genitori sono tenuti al di fuori dalla decisione della minorenne di “interrompere” una gravidanza. E questo anche perché, nel silenzio dei media, non ha avuto seguito il ricorso alla Corte Costituzionale che, il 17 ottobre 2011, il Giudice tutelare presso il Tribunale di Siracusa, sezione di Augusta, ha avanzato sull’articolo 12 della legge 194/1978. Tale ricorso obiettava alla Consulta l’incostituzionalità della legge italiana sull’aborto in quella parte che consente al giudice di autorizzare la minore a interrompere la gravidanza «senza che ne siano informati i genitori, qualora sussistano “seri motivi”, non solo che “impediscano”, ma anche semplicemente “sconsiglino” la consultazione di questi ultimi o di uno di essi».
Il ricorso Giudice tutelare di Augusta è stato anche citato nell’ultima Relazione al Parlamento del Ministero della Giustizia sugli aspetti penali della 194 e sulle interruzioni di gravidanza delle minorenni ma, delle valide motivazioni ed argomentazioni giuridiche da esso sviluppate, d’allora non se ne è parlato più. Eppure con una media accertata di circa 1.300 richieste di aborto l’anno, la risposta “positiva” e, cioè, favorevole all’aborto per la minorenne, dei giudici interpellati da consultori e strutture socio-sanitarie pubbliche, o dal medico di fiducia, supera il 97%. Con l’aggravante che tali richieste hanno visto il coinvolgimento della madre della minorenne solo nel 37% dei casi, del padre nemmeno per l’1% delle richieste e, di entrambi i genitori per circa lo 0,8 dei casi.
Che le norme della 194 sulle minorenni debbano essere riviste non lo pensa solo il sopra citato magistrato di Augusta. Già nel dicembre 2006 il giudice tutelare presso il Tribunale di Treviso aveva posto la questione di costituzionalità della norma che, di fatto, impedisce al giudice di esercitare il proprio potere discrezionale non essendovi concretamente il tempo materiale per un’eventuale istruttoria, dovendo decidere entro 5 giorni. La Corte dichiarò la questione inammissibile in quanto era stata sollevata dopo che il giudice aveva già autorizzato l’interruzione di gravidanza.
Anche in questo caso, però, il ruolo di certa magistratura in Italia appare del tutto in contrasto con l’articolo 29 della Costituzione che, ricordiamolo, «riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e la tutela nei confronti di qualsiasi interferenza esterna, specialmente di quella statale».