Tra “sciacalli”, “merda”, lettere, documenti e tweet, il day after della fissazione della data del processo a Silvio Berlusconi ha prodotto più sconquassi a sinistra che a destra. A far scaldare gli animi del Pd il sì del partito alla sospensione dei lavoratori parlamentari richiesta dal Pdl.
Uno stop di poche ore che ha suscitato l’ira della parte più oltranzista di Largo del Nazareno, quella che non ha mai davvero digerito le larghe intese con il “nemico Berlusconi”. Renziani, civatiani e prodiani hanno apertamente osteggiato il voto favorevole del partito voluto dall’ala governativa del partito. Molti di loro hanno deciso di votare comunque, altri hanno preferito uscire dall’aula come hanno fatto Pippo Civati e Paolo Gentiloni, beccandosi da chi invece è rimasto, il leader dei Giovani Turchi Matteo Orfini, gli appellativi di “sciacalli” e “merda”.
Epiteti che hanno a loro volta offeso i ribelli, autori oggi di una lettera a firma di tredici deputati per Guglielmo Epifani e Roberto Speranza per chiedere di intervenire dopo i “veri e propri insulti” che sono volati nel gruppo democratico dopo la vicenda.
Lettera a cui è seguita una controreplica di Orfini su Twitter che ha confermato la parola “sciacalli”. A cui è seguito un vivace scambio di cinguettii con il renziano Gentiloni.
Versione più soft delle ragioni del “sì” le hanno date in un’altra lettera i due capigruppo di Camera e Senato Roberto Speranza e Luigi Zanda: “Non ci siamo piegati al Pdl”, tengono a precisare.
Per completare l’affresco, manca il documento firmato da 70 senatori Pd in cui si invita a non fare autogol e si spiega che oggi a Palazzo Madama si sono svolte “107 votazioni”: “Non facciamoci travolgere dalla, spesso in cattiva fede, disinformazione e da qualche protagonismo interno che fanno il gioco di chi vuole delegittimare politica e Parlamento. Cominciamo, ad esempio, raccontando che ieri l’aula ha sospeso i suoi lavori per tre ore, utilizzate proficuamente dai senatori PD con una riunione di gruppo sul tema degli F35, e che stamattina, ben lungi dall’essere paralizzata, la discussione è ripresa sul tema decisivo delle riforme costituzionali ed elettorali con ben 107 votazioni”.
Ad approfittare dell’ennesima spaccatura del Pd e dei guai giudiziari del leader del Pdl, ci pensa il M5S. Dopo l’incontro tra Beppe Grillo e Giorgio Napolitano e il dissentire con gesti plateali, via giacca e cravatta in Senato, protesta a Montecitorio per la Camera, dalla sospensione dei lavori di ieri, è arrivato per i 5 Stelle il momento della rivincita.