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Petrolio in Adriatico, Italia dice no e Montenegro ne approfitta

L’Italia ama guardare il suo ombelico e compiacersene. Grazie ad una paradossale alleanza fra sinistra, verdi e pezzi di centrodestra, il nostro Paese è stato quello più “sensibile” nella reazione al tragico disastro ambientale occorso dalla Bp nelle acque oceaniche di fronte alle coste del Messico. La legge che regola le cosiddette trivellazioni è la più rigida in Europa ma ancora non basta. C’è chi vuole vietare del tutto sia le ricerche che le estrazioni offshore. Persino progetti in regola con la normativa attuale sono ostacolati da pezzi di istituzioni in ostaggio delle lobbies ambientaliste che preferiscono che l’Italia importi a caro prezzo l’energia dall’estero.

La scusa è quella della sicurezza e della tutela delle coste. La tesi, pur fallace nelle sue argillose fondamenta scientifiche, non tiene conto che il nostro Paese non è titolare esclusivo dell’Adriatico. I governi dall’altra sponda non solo la pensano diversamente da noi ma cercano di approfittare della nostra incomprensibile scelta. In Albania e nelle ex repubbliche della Yugoslavia è ormai una rincorsa alle trivellazioni, ovviamente senza i nostri standard di sicurezza. Ai nostri verdi potrebbe quindi capitare di consumare energia prodotta dal petrolio estratto a pochi kilometri dalle nostre spiagge e al contempo pagare i danni per un eventuale incidente in mare. Che capolavoro!

Di seguito, per dare un’idea, degli interessi che si stanno muovendo vicino a noi, ma anche lontano dal mercato italiano, pubblichiamo un report curato dall’agenzia Nova di Fabio Squillante.

Da agenzia Nova:

Il Montenegro potrebbe presto entrare nel club dei paesi produttori di petrolio grazie a nuove attività di esplorazione nell’Adriatico. Il governo di Podgorica ha indetto questa settimana una gara d’appalto per la ricerca di gas e petrolio davanti e lungo le coste del paese. Lo ha dichiarato il ministro dell’Economia, Vladimir Kavaric, in una conferenza stampa tenuta dopo una seduta del governo nei giorni scorsi. La gara d’appalto, ha precisato Kavaric, “sarà aperta fino al mese di febbraio del prossimo anno e sarà pubblicata sul sito web del ministero dell’Economia così come sulla Gazzetta ufficiale”.

L’asta è chiusa alle società offshore e a soggetti provenienti da paesi con cui le agenzie fiscali montenegrine non hanno accordi di cooperazione legale. La gara riguarda 13 blocchi, per un totale di 3 mila chilometri quadrati, e il governo avrà diritto al 70 per cento del profitto netto anche se, ha spiegato Kavaric, “il profitto netto è un concetto abbastanza ampio, per cui sarà definito in seguito quali sono le spese detraibili”. Kavaric ha inoltre precisato che “sono attualmente in corso trattative sul programma di lavoro, che comprendono l’ampiezza del cantiere, i luoghi dove saranno svolti gli scavi, le scadenze e le garanzie”. Il costo delle ricerche, secondo il ministro dell’Economia montenegrino, “è stimato in centinaia di milioni di euro e lo stato chiederà garanzie alle imprese cui saranno assegnate le concessioni”.

Kavaric ha dichiarato che “sono arrivate in tutto 26 lettere di intenti da parte di società i cui rappresentanti hanno già avuto accesso ad alcuni dati”. Secondo quanto riferisce il sito “Petroleum.me”, l’obiettivo del governo è quello di “conoscere meglio le aree costiere che non sono state esplorate a sufficienza”. Il contratto sarà suddiviso in due fasi, ovvero la fase delle ricerche e la fase della produzione degli idrocarburi. La fase della ricerca, assieme alla fase della verifica, può durare fino a un massimo di sei anni per un blocco che si trova sulla terraferma, ovvero sette anni per un blocco situato in mare. In base alle ricerche delle società appaltatrici, e soltanto nei casi previsti dalla legge, la fase della ricerca può essere prolungata di due anni.

La fase della produzione inizia dal primo giorno dell’estrazione e dura fino alla scadenza prevista dal contratto, ovvero per un massimo di 20 anni dalla prima estrazione. Questa fase può essere comunque prolungata per metà del periodo di tempo stabilito inizialmente dal contratto. Secondo il sito “Petroleum.me”, un concessionario può ottenere un massimo del 50 per cento delle superfici dei blocchi. Il sito di “Slobodna Evropa” ha pubblicato precedentemente un articolo di approfondimento sul tema, in cui si legge che “il fatto che a esprimere il proprio interesse per le ricerche siano state più di venti compagnie, tra cui le dieci più famose del mondo, significa che una presenza significativa del carburante fossile nel sud dell’Adriatico non e’ un’ipotesi impossibile”.

Il Montenegro “potrebbe in questo modo affiancarsi a quei paesi che devono il proprio benessere proprio ai giacimenti di petrolio”. Negli anni Novanta del secolo scorso non sono state condotte esplorazioni approfondite: le attivita’ di ricerca piu’ approfondite sono quelle organizzate negli anni Settanta e Ottanta dalla compagnia petrolifera statunitense Chevron, che ha svolto una decina di carotaggi di prova. Il carotaggio piu’ promettente, secondo l’articolo “Slobodna Evropa”, “è stato fatto in un’area situata una trentina di miglia a nordovest di Budua (Budva), anche se alla fine la presenza del petrolio è stata giudicata insufficiente per un ritorno commerciale”. Le circostanze, si legge, “sono nel frattempo cambiate e il progresso tecnologico, assieme a un aumento sostanziale del prezzo del petrolio, potrebbe giustificare nuove esplorazioni”. La zona in questione tuttavia si trova nelle immediate vicinanze della linea di confine tra la Croazia e il Montenegro, ancora parzialmente incerta e indefinita.

Fino a qualche mese fa, Zagabria e Podgorica sembravano d’accordo sulla possibilità di indire una gara d’appalto comune per la ricerca degli idrocarburi, ma per ora non ci sono novità su questo fronte, e quella annunciata pochi giorni fa è una gara d’appalto esclusiva del governo montenegrino. Tra le compagnie interessate, scrive il quotidiano “Pobjeda”, ci sarebbero la tedesca Wintershall, le statunitensi Exxonmobil International, Hess e Anadarko International, la norvegese Statil, la britannica Trajan oil gas, la filiale britannica della giapponese Jx Nippon, la greca Hellenic petroleum, la francese Total, la croata Ina, le italiane Eni ed Edison, la russa Novatek, la serba Nis.

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