Qualcuno ha dato la colpa agli incentivi, che semplicemente erano “troppo generosi”. Per altri la colpa è della burocrazia, che aiuta “chi riesce a farsi aiutare”. La criminalità organizzata ha fiutato subito le opportunità offerte dalle energie rinnovabili, non solo per allargare gli orizzonti di guadagni ma anche entrare in un mercato che è pur sempre una “lavatrice” di profitti illeciti. Un’analisi sulla ‘Mafia verde’ in Italia viene rilanciata sulla versione on-line di Forbes che richiama un ”preoccupante” rapporto dell’Europol.
Mafia e ‘ndrangheta
Sostanzialmente non è che i delinquenti si siano improvvisamente scoperti amanti delle energie pulite e paladini del clima ma per esempio – rileva l’Europol – si segnalano molti investimenti nei parchi eolici, dalla Calabria alla Campania: secondo il rapporto di polizia i progetti approfittano delle “interessanti opportunità per poter beneficiare delle generose concessioni e sovvenzioni del governo; non solo l’occasione offre anche la possibilità di riciclare i proventi illeciti ottenuti attraverso altre strutture commerciali”.
Senza contare che i profitti realizzati con racket, gioco d’azzardo, usura ed estorsione hanno il “problema” di essere reinvestiti per potersi “perdere” nell’economia legale: ed è così che, “attraverso schemi di riciclaggio di denaro e investimenti sofisticati in particolari settori, questi gruppi cercano non solo di giustificare la loro immensa ricchezza, ma anche di intaccare le regole del mercato potendo per esempio permettersi di operare in perdita”.
L’Europol ha ricordato che la mafia e la ‘ndrangheta sono ormai da tempo coinvolte in progetti per energia eolica e per il solare fotovoltaico, e che le loro azioni verdi sono iniziate con la gestione dei rifiuti, specie nell’emergenza.
Il signore del vento
L’energia alternativa, l’eolico soprattutto, è diventata così il nuovo business della mafia. E ad aprile di quest’anno, quella che prima era solo un’intuizione investigativa, ha trovato conferma nelle indagini della Dia che hanno portato alla confisca di beni per un valore di un miliardo e 300 milioni di euro. Un “tesoro” di proprietà dell’imprenditore trapanese Vito Nicastri, 57 anni.
L’inchiesta ha svelato un groviglio di interessi che sono stati, e sono, alla base di un vero e proprio exploit dell’eolico in Sicilia. Gli ultimi dati disponibili dicono che gli impianti eolici in Sicilia producono energia per 1066 Megawatt (MW); nel 2004 la produzione era di appena 183 MW. L’incremento produttivo è il frutto di investimenti cospicui, favoriti non solo dai contributi per l’installazione degli impianti ma anche dalla certezza di assorbimento dell’energia prodotta da parte del sistema nazionale. La Sicilia infatti produce più energia di quanta ne assorbe.
L’allarme di Legambiente
Legambiente ha chiesto di “fare piazza pulita” della criminalità organizzata dal settore delle energie rinnovabili in Italia, lanciando ogni anno l’allarme nel rapporto Ecomafia, in cui viene messo in evidenza come le organizzazioni mafiose siano ormai da tempo entrate in una parte della nostra green economy. Per Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, “la produzione di energia pulita va tutelata e sviluppata nella legalità e nella trasparenza. E’ grazie alla cosiddetta ‘zona grigia’ infatti se prosperano gli affari dei clan, capaci di mettere radici ovunque sia possibile fare business e di sfruttare collusioni e connivenze”.