Novità in casa Sorgenia (Gruppo Cir). Alla guida della società energetica arriva Andrea Mangoni, con un passato in Acea e una collaborazione con i francesi di Gdf – Suez, come testimonia anche la sinergia da lui decisa della società romana con il colosso transalpino nel 2008. Una scelta, quella di Mangoni, che potrebbe assecondare – secondo alcuni osservatori del settore – un’uscita dolce da Sorgenia del gruppo Cir guidato da Rodolfo De Benedetti, appesantito dalle perdite dell’azienda energetica nel 2012 e che comincia a sentire il fardello anche di Tirreno Power, di cui Sorgenia è azionista insieme, appunto, ai francesi di Gdf-Suez, sempre più interessati al mercato italiano.
La nomina di Mangoni
Andrea Mangoni sarà nominato nel corso del mese ad e presidente di Sorgenia, l’operatore energetico controllato da Cir e partecipato dall’utility austriaca Verbund. Mangoni sostituirà Massimo Orlandi, ad di Sorgenia per 14 anni. Il gruppo e i suoi azionisti ritengono che l’esperienza maturata da Andrea Mangoni nel settore dell’energia e le sue competenze in campo finanziario rappresentino un valore importante per il futuro della società.
Le performance deludenti del 2012
Una scelta che punta a ribaltare le sorti di Sorgenia rispetto al 2012, archiviato con risultati penalizzati da svalutazioni. Il risultato netto infatti è stato negativo per 196,8 milioni di euro rispetto all’utile di 15,6 milioni del 2011 a causa di svalutazioni di asset per 134,3 milioni. Le svalutazioni hanno influito anche sull’ebitda che è sceso a 57,1 milioni rispetto ai 192 milioni del precedente esercizio. In crescita i ricavi che sono ammontati a 2,57 miliardi con una progressione del 21,3%.
Le ripercussioni delle perdite di Sorgenia su Cir
Dei dati, ha sottolineato di recente MF – Milano Finanza, che hanno pesato sui conti di Cir. “La svalutazione di attività per 134,3 milioni di euro registrata dalla controllata ha comportato per il gruppo una perdita netta nel 2012 pari a 33,1 milioni, rispetto all’utile di 9,7 milioni registrato nel 2011, nonostante i guadagni netti conseguiti dalle altre tre controllate operative del gruppo (L’Espresso, Sogefi e Kos)”.
La fusione di Acea con Gdf-Suez nel 2008
A differenza di altre aziende del gruppo De Benedetti, come Sogefi e L’Espresso, Sorgenia sta dunque deteriorando il suo posizionamento competitivo. Un trend che alimenterebbe i dubbi su un’eventuale uscita di Cir dal settore energetico, per focalizzarla su altri ambiti meno soggetti a crisi. E la scelta del nuovo presidente e ad, Mangoni, potrebbe spingere sempre più Sorgenia verso la Francia, in un percorso che il manager ha seguito anche con Acea. Nel 2008 era stato proprio il nuovo ad di Sorgenia a spingere sulla fusione di Acea con Suez-Gdf “per potenziare la disponibilità di gas di Acea”, suscitando le perplessità ad esempio del socio privato di Acea, Francesco Gaetano Caltagirone.
Il caso Tirreno Power
E la collaborazione dei De Benedetti con i francesi è stata già sperimentata in Tirreno Power, l’unica delle tre genco (generation company) Enel che ha conservato i propri equilibri azionari sostanzialmente immutati dal 2003 ad oggi. “Dopo che Endesa Italia è confluita nel gigante tedesco E.On e che Edipower, nell’ambito della riorganizzazione di Edison è stata rilevata da A2A, ora i riflettori si spostano sull’asset company che fa capo per metà a Gaz de France Suez e per l’altro 50% alla cordata italiana guidata da Sorgenia (con il 78%) e partecipata da Hera e Iren (entrambi con l’11%)”, ha scritto il Sole 24 Ore.
Le mire di Gdf-Suez sul mercato italiano
“Da una parte – ha osservato a fine 2012 il Sole – c’è Gaz de France, che interpreta la presenza in Italia in un’ottica di lungo periodo. Del resto, nel 2010, il colosso transalpino ha già arrotondato al 50% la partecipazione nell’ex genco rilevando le quote di Acea. Dall’altra parte, c’è la cordata italiana che guarda al dossier con una prospettiva diversa. Sorgenia, a cui fa capo in trasparenza il 38% di Tirreno Power (consolidato al 50% tramite la holding Energia Italiana), ha sì terminato il proprio ciclo di investimenti ma è alle prese con un elevato indebitamento (1,85 miliardi al 30 giugno) e a breve avvierà un piano per ridurlo. In esso, al momento, non rientra la cessione della quota nella ex genco ma, in futuro, un eventuale conguaglio cash potrebbe essere ben accetto”. E forse, non solo per un’uscita da Tirreno Power.