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Lo Spiegel si diverte a distruggere l’Italia

“Basta ‘La Casta’: non c’è fine al declino economico italiano”. Il titolo dello Spiegel non lascia molto spazio all’ottimismo, snocciola dati sconfortanti, mette in cattiva luce la manifattura italiana e sbatte in faccia ai lettori tedeschi l’inefficienza e l’inadeguatezza della classe dirigente italiana. “Il futuro è grigio”, scrive Hans-Jürgen Schlamp, un bel ritratto agli occhi di una Germania già abbastanza insofferente per il passo incerto dei Paesi del Mediterraneo che Berlino si è stancata da un pezzo di trainare. La soluzione? Uscire dall’euro, sembrerebbe il suggerimento.

I numeri del “declino”

“Il Pil italiano è crollato del 7% dal 2007. Oltre mezzo milione di posti di lavoro nell’industria sono stati persi dal 2007” e “il 15% della capacità nel settore è andata persa”, spiega allo Spiegel Luca Paolazzi, a capo del Centro Studi di Confindustria. Alcuni settori, prosegue lo Spiegel, “si sono indeboliti ancora di più, come quello automobilistico, crollato del 40%”.

Il Made in Italy smantellato

“Ma perché?”, si chiede il quotidiano tedesco. “Molti prodotti del Made in Italy godono ancora di una forte domanda internazionale, e non solo i capi Armani o la Fiat 500. Inoltre, come la Germania, l’Italia è stata in grado di accrescere le sue esportazioni negli ultimi tre anni. Ma mentre l’export ha stimolato la produzione domestica in Germania, lo stesso non è accaduto in Italia, e, secondo gli esperti, a causa della tendenza crescente a produrre beni per l’export nel Sud Est asiatico, in Polonia e in Turchia. Molte società usano gli stabilimenti italiani solo per assemblare i prodotti creati in fabbriche all’estero”. E questo, sottolinea lo Spiegel, non fa che “svuotare le tradizionali regioni industriali”. Una teoria che contraddice però i dati pubblicati da uno studio Aspen e Intesa Sanpaolo, secondo cui nel primo trimestre del 2013 i distretti industriali italiani hanno battuto anche la concorrenza di quelli tedeschi e francesi. E il Made in italy resta un brand che attrae sempre più i colossi stranieri, come dimostrano le ultime acquisizioni verificatesi sul mercato. Ma forse è solo il fastidio tedesco per un’industria manifatturiera, quella italiana, di cui si teme la concorrenza?

La prospettiva della bancarotta

“E cosa possono fare le proteste, le lacrime e le preghiere contro condizioni produttive e d’investimento che semplicemente non sono più competitive a livello internazionale?” Continuando ad evitare riforme strutturali, “il Paese andrà in bancarotta secondo economisti come Clemens Fuest, presidente del Center for European Economic Research (Zew) di Mannheim”.

L’immagine di un Paese fatiscente

“I problemi strutturali restano. E includono, oltre alla pressione fiscale, una burocrazia gonfia che ostacola quasi tutte le attività,un sistema giudiziario inefficiente che scoraggia i potenziali investitori con processi che durano decenni, un basso tasso di istruzione e infrastrutture scarse caratterizzate da strade piene di buche, un’offerta energetica sull’orlo del fallimento, con treni costantemente in ritardo e reti di comunicazione superate”.

La Casta e l’uscita dall’euro

Ma la vera malattia dell’Italia è la politica, prosegue la testata tedesca, e non si fanno sconti nemmeno al governo Letta. “La casta, come la chiamano, si riferisce alla classe dirigente romana, in parte corrotta, e in parte ideologicamente testarda e ostile al compromesso. E neanche l’amministrazione corrente sembra capace di attuare le riforme necessarie”. Non solo. “I populisti come Silvio Berlusconi e Beppe Grillo non sono gli unici a chiedere la soluzione più radicale per i problemi italiani. ‘Il Paese è vitale e ha grandi potenzialità – spiega l’economista statunitense Allen Sinai – ma può beneficiarne solo lasciando l’euro”. Grazie Spiegel, un bel servizio all’insegna della solidarietà europea.

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